A soli 25 anni Nicholas Bianchini ha già trasformato la sua passione per la cucina in un lavoro itinerante, portando in tutta Italia esperienze culinarie su misura. Dalla formazione a “MasterChef Italia” alla cura dei dettagli, il suo obiettivo è creare momenti unici
che uniscano gusto e convivialità

Ci sono aspetti che consideri fondamentali per creare un’esperienza culinaria unica a domicilio?
A differenza del ristorante, dove spesso c’è una certa distanza tra chef e cliente, a domicilio il contatto è diretto e personale: si crea un rapporto più stretto, un’interazione autentica. Il cliente non cerca solo di mangiare bene, ma di vivere un’esperienza coinvolgente. L’organizzazione in cucina è fondamentale, soprattutto perché si lavora in un ambiente domestico, quindi bisogna fare attenzione anche alla tempistica. Non basta saper cucinare: l’esperienza deve essere completa, includendo intrattenimento e spiegazione dei piatti, per far sentire il cliente a proprio agio e creare un legame personale. Quando il cliente alla fine dice di aver mangiato bene e di essersi sentito a proprio agio, so di aver fatto un buon lavoro.
Come personalizzi i menù in base alle esigenze e preferenze dei clienti?
Non ho menù standardizzati, ma propongo delle opzioni che personalizzo al 100%. Ogni aspetto, dalla mise en place alle richieste particolari, viene adattato alle necessità del cliente, creando un ambiente che faccia sentire tutti felici e a loro agio. La personalizzazione è totale, soprattutto per eventi come piccoli matrimoni, dove i clienti, spesso turisti stranieri, vogliono qualcosa di unico. L’anno scorso, ad esempio, abbiamo appeso delle ciambelline in un albero nel giardino e i commensali dovevano andare a cercarle. È stato un modo divertente e coinvolgente per rendere l’esperienza ancora più particolare. Se arrivi con un programma dettagliato, ogni evento diventa un’esperienza unica, pensata nei minimi dettagli per far sentire ogni ospite speciale.
Quali sono i piatti che riscuotono maggiore successo durante i tuoi eventi privati?
Negli ultimi anni ho notato un ritorno alla semplicità e alla tradizione, che è molto apprezzata dai miei clienti. Piatti come la pappa al pomodoro, le tagliatelle fatte a mano con ragù d’anatra, la fonduta con riduzione di vino rosso, il filetto alla Wellington e i risotti sono sempre un successo. I piatti moderni e creativi funzionano, ma devono essere bilanciati e non troppo stravaganti. La chiave è mantenere l’equilibrio tra innovazione e rispetto della tradizione, creando piatti che raccontano una storia senza perdere il legame con la cucina autentica.
Come gestisci la sostenibilità e l’uso di ingredienti stagionali nelle sue creazioni?
La stagionalità è una priorità per me. Cerco sempre di lavorare con ingredienti freschi e di stagione, ma capisco che a volte i clienti abbiano preferenze che non sempre si sposano con la stagionalità. In questi casi cerco di spiegare come la qualità e il sapore degli ingredienti possano variare a seconda del periodo. Lavorando con numeri ridotti e gestendo le risorse in modo oculato, riesco a garantire un processo che rispetti l’ambiente e sia meno invasivo rispetto al catering tradizionale. Ogni scelta è pensata per ridurre gli sprechi e fare attenzione all’impatto ambientale.
Come l’arte culinaria di Arezzo influenza il tuo approccio alla cucina?
La mia passione nasce da mia nonna, che mi ha insegnato i segreti della cucina tradizionale aretina. Era attenta ai dettagli, come la caramellizzazione della carne per il ragù, che cambia completamente il risultato finale. Anche per piatti come la panzanella ci sono piccoli trucchi che fanno la differenza. La cucina tradizionale è nel mio dna e influenza ogni mia creazione