Un brand giovane che ha saputo affermarsi in pochi anni grazie a professionalità, competenza, passione. Federico Senserini, 45 anni, è riuscito a trasformare un’idea ambiziosa in un progetto concreto: “Avevo un buon lavoro, poi ho riflettuto su cosa fare da grande, ho lasciato la comfort zone e adesso con il mio team produciamo abiti maschili per l’Italia e per l’estero. Siamo partiti da Monte San Savino,
dove ci sono le mie radici”

Cura dei dettagli, scelta dei tessuti e personalizzazione del capo ne fanno un brand capace di esaltare eleganza e stile. Parliamo di un marchio giovane, nato meno di quattro anni fa a Monte San Savino, ma che ha saputo bruciare le tappe grazie alla professionalità del team, alla competenza e alla passione per il lavoro. La scintilla è scattata in testa a Federico Senserini, 45 anni, che ha avuto il coraggio di seguirla, assecondarla, per poi sviluppare l’idea originaria fino a trasformarla in un progetto concreto che sta dando ottimi risultati.

Qual è il punto di partenza di tutta la storia?

L’ambizione di essere un imprenditore mi ha sempre accompagnato. Ho lavorato quindici anni come dipendente, sono cresciuto professionalmente e umanamente dentro un’azienda operando come se fosse mia. La pandemia mi ha consentito di fermarmi e riflettere su cosa volevo fare da grande, se davvero era giusto lasciare la comfort zone dove ero considerato qualcuno, un quadro dirigente con un buono stipendio e una credibilità, per creare il mio brand. Il primo settembre 2020 ho girato la chiave del negozio di Monte San Savino ed è stato un turbine che non mi ha fatto rimpiangere la scelta.

A certi traguardi si arriva passo dopo passo. Che tipo di percorso ha seguito per giungere fino a oggi?

Nasco professionalmente nel mondo della sartoria maschile. Avevo una laurea in scienze politiche e nessuna idea di come si annodasse una cravatta. Sono partito come magazziniere, poi come modellista e sono arrivato a fare il direttore commerciale. Assumevo e licenziavo, controllavo una fetta importante del personale, ero il braccio destro della proprietà che seguiva i progetti nascenti, come quello del Bespoke Specialist che esce dal negozio e va ad incontrare i clienti privati in giro per il mondo. Non era insolito prendere un aereo a settimana o macinare chilometri lungo le autostrade, era parte integrante di me. Da sempre la mia canzone preferita è Born to Run di Bruce Springsteen e in quella mi rivedo: sempre di corsa, sempre dinamico. Poi nel 2018 c’è stato un episodio che mi ha portato a ripensare il rapporto con il cliente. Non l’ho più considerato un semplice misura-prova-paga ma qualcosa di più esclusivo e dedicato: ho stretto la mano e ho preso le misure a una persona molto importante, nota a livello mondiale e, benché inarrivabile e impegnatissima, ci siamo subito intesi. Quella vendita mi ha cambiato, io volevo essere per tutti il sarto personale, non un commesso. Poi c’è stato il periodo del covid che, come dicevo, ha spianato la strada e reso tutto molto chiaro.

Quali sono i vostri punti di forza?
Senserini è un brand giovane ma con un team di forte esperienza. Niente è lasciato al caso, anche da un punto di vista puramente tecnico. Abbiamo sviluppato un metodo di presa delle misure che ci consente un controllo eccellente sul risultato finale. Dal punto di vista emotivo invece questa è una realtà one-to-one: il cliente è seguito passo dopo passo dalla stessa persona, che conosce esigenze e richieste specifiche. Lavoriamo con i migliori lanifici italiani, con cui abbiamo instaurato un solido rapporto di fiducia e che ci supportano per iniziative particolari, come cocktail ed eventi, ma anche riservandoci delle limited edition di tessuti che producono. Tutto ciò serve a offrire dei capi puramente su misura con un rapporto qualità/prezzo molto competitivo.

Quante persone lavorano per Senserini?
Siamo in cinque tra commerciale e marketing, molto affiatati. Ho iniziato insieme ad Enrico, e mi riferisco proprio al trovare i fornitori, arredare gli showroom di Monte San Savino e Milano. Lavoriamo insieme da una vita e mi sono sempre fidato di lui, quindi il passaggio da collega a braccio destro è stato naturale. Lui si muove in autonomia su tutto, ha una conoscenza approfondita della sartoria maschile e un carisma che rimane impresso alle persone. Subito dopo è entrato Franco, un maestro per la selezione dei tessuti e la presa delle misure. Con gli occhi chiusi e la mano appoggiata sopra, è in grado di indovinare le percentuali di composizione di qualsiasi stoffa. Erika è arrivata a maggio 2021, aveva dato le dimissioni per maternità dalla precedente occupazione. Anche con lei avevamo lavorato insieme, mi aveva detto chiaramente che avrebbe voluto un secondo figlio e ci siamo accordati per un rientro leggero grazie allo smartworking. Adesso ha due bambini e tra part-time, lavoro a distanza e il suo studio privato di consulenza di immagine, riesce a conciliare anche la vita familiare. Infine Sergio, un grande professionista del settore che segue i clienti di Milano e nel tempo libero scrive libri su sartoria e moda italiana.

E quali numeri potete vantare?
A oggi il nostro fatturato è in crescita costante a due cifre, nonostante molti sostengano che il settore dell’abito classico maschile sia morto. Ecco, parlando di dati del 2023, solo di abiti e tralasciando giacche, cappotti, camicie, ne abbiamo realizzati oltre 700. Tutti esclusivamente su misura. Inoltre tra Milano, Roma, Monte San Savino e l’estero abbiamo seguito più di cento cerimonie curando il look maschile, sia dello sposo che degli invitati. Un altro numero interessante riguarda i clienti che seguiamo dall’apertura: abbiamo superato i duemila e la maggior parte compra regolarmente, segno che li abbiamo fidelizzati con un modello di business che funziona.

Quanto tempo si riserva per l’attività creativa, lasciando in disparte le questioni più materiali e concrete?
La mia giornata tipo comincia presto. Sembra strano, eppure adesso ho molto più a cuore me stesso e la mia salute rispetto a prima, riesco a dedicarmi più tempo. La mattina vado a correre, almeno quattro volte alla settimana. A inizio settimana sono quasi sempre a casa, quindi vado a Monte San Savino in sede per seguire la produzione, i fornitori, ma anche i clienti stessi che passano dal negozio. Dal giovedì iniziano le trasferte tra Roma e Milano. Per le trasferte estere invece si parte sempre a inizio settimana, ma insieme a metro e spilli, con me porto le scarpe da running. Non immaginate quanto è bello correre a Villa Borghese o a Central Park.

Quali sono i tessuti che ama di più e quale vestito la rappresenta meglio?
Io sono un estroso, su di me voglio sperimentare. Adoro i cappotti, ho un arcobaleno di tessuti anche pregiati come il puro cashmere e lo zibellino. Sugli abiti voglio tessuti colorati, dai pastelli alle tinte più intense ma soprattutto io sono quello dei rever super larghi. In passato prediligevo le fantasie, ma rispetto ai quadri ho scoperto il camouflage, un disegno che i nostri lanifici hanno interpretato con grande gusto contemporaneo.

Cosa sono le tappe ON TOUR e come vengono organizzate?
E’ un po’ il nostro core business. All’inizio siamo partiti solo con lo showroom di Milano e la sede/negozio di Monte San Savino. Benché ci fossero zone rosse in Italia, avevamo molte richieste in città come Firenze, Venezia, Verona, Bergamo, Roma e quindi siamo sempre andati noi in ufficio dai clienti o appoggiandoci in strutture come le suite degli hotel. Non appena la situazione mondiale si è sbloccata, ho iniziato con tour su Londra e Helsinki, e finalmente nel 2022 anche New York. Da lì non mi sono più fermato. In questo momento sono appena tornato da Hong Kong e tra poco riparto tra Emirati Arabi e Arabia Saudita.

Il brand è nato a Monte San Savino, in Valdichiana. Che rapporto ha con la sua terra e quanto contano le radici nella sua filosofia di vita?

Le radici sono tutto. Potevo aprire anche ad Arezzo o Firenze, sicuramente più strategici, ma ho deciso di iniziare dalle basi, da casa. Io abito a Montagnano e il borgo di Monte San Savino mi sembrava la scelta più ovvia. Il centro storico è molto curato ed è in un contesto di bellezza e storia in cui ho sempre immaginato il mio primo store.

C’è un progetto per il futuro che le sta particolarmente a cuore?
In realtà molti. Il primo è offrire maggiore varietà di prodotto, sia con diverse tecniche di costruzione ma anche con un ventaglio più ampio come la maglieria e l’outwear. Il secondo è avere uffici nelle capitali mondiali come New York e Dubai. Non negozi, ma luoghi più rilassanti senza orari standard, lontani dal caos del passeggio a piedi, una vera e propria destination dove le persone vengono su appuntamento e trovano molto di più di quello che stanno cercando. Il terzo è ottenere certificazioni rispetto al modello di business e di prodotto che abbiamo, quindi una filiera tracciata, sostenibile e con elevati standard qualitativi. Ma il progetto più grande l’ho già creato. Ho un mio brand: insieme ai miei collaboratori decidiamo e gestiamo tutto il business in maniera rapida ed efficiente. Non mi piace l’espressione “siamo una famiglia” perché la famiglia è una parte personale della vita di ognuno. Quindi dico che siamo una grande squadra, dove tutti sono fondamentali e gli ingranaggi girano alla perfezione.