Elicotterista nell’esercito, ha partecipato a spedizioni militari in Albania, Kosovo, Bosnia, Serbia e Iraq. Poi si è arreso alla chiamata del Signore ed è entrato in seminario. Adesso Don Daniele Leoni è parroco di Cesa e Pozzo della Chiana e il suo compito è quello di trovare il giusto linguaggio per guidare le anime

“Cerca la serenità, diceva mio padre. Serenità, non felicità. Voleva fossi libero, con la pace nel cuore. Quella è la conquista più grande”. Elicotterista nell’esercito, oggi è parroco a Pozzo della Chiana e Cesa in Valdichiana. Eppure quella di don Daniele non è la storia di un ripensamento, di un repentino cambio di direzione. Il suo è un racconto lineare di un ragazzo che inseguiva un sogno e poi di un uomo che percorre con convinzione la strada che ha scelto. “Ho posto sempre la mia vita al servizio degli altri. Prima al servizio della Nazione, adesso al servizio di Dio e di tutti gli uomini. Guardo al Paradiso anche se so già che dovrò, prima, fare qualche anno di Purgatorio”.

Don Daniele Leoni, classe ’71, è stato vice parroco di San Domenico per due anni prima di arrivare in Valdichiana, in un paese di 770 abitanti come nuovo prete della parrocchia. E’ stato ben accolto e, in poco tempo, è diventato punto di riferimento per molti nella piccola e tranquilla comunità. Lui che in una vita precedente ha volato nei cieli del mondo, ha partecipato a missioni militari in Albania, Kosovo, Bosnia, Serbia e Iraq.

“Sono entrato nell’esercito a 19 anni. Vinsi il concorso ufficiali di artiglieria e andai a Udine, nel 27esimo reggimento, il più operativo d’Italia. Poi a Viterbo alla scuola per sottufficiali. Partecipai al concorso per elicotteristi nel 94 e tornai ad Arezzo senza grosse aspettative sull’esito della prova. Già in quegli anni mi ero avvicinato alla Chiesa e mi stavo chiedendo cosa il Signore volesse da me. Dopo qualche giorno la telefonata che mi annunciava che avevo superato la selezione. Prima di allora, mai avevo volato e mai avevo pensato di volare; ancora oggi credo sia stato un dono che Dio ha voluto farmi”.

A 25 anni Daniele ottiene il brevetto e si apre per lui un capitolo nuovo e sorprendente della vita. “In volo ci vuole disciplina, concentrazione, ci sono procedure che non possono essere interpretate. E imparando a pilotare un elicottero acquisisci anche una diversa concezione della vita, si spalancano nuovi, inimmaginabili punti di vista. Quando si è consapevoli di camminare sul filo del rasoio si è costretti a misurarsi costantemente con se stessi e con le proprie emozioni. Cambia il modo di ragionare, cambia il rapporto con la morte. Che, col giusto approccio, può essere formativo e liberatorio. E poi… poi ci sono i tramonti, le albe da ammirare dal palchetto d’onore. Ricordo una mattina in Friuli con il riverbero della neve sulle montagne a nord e l’immensità del mare a sud, uno spettacolo commovente”. Una vita non semplice quella dell’esercito, scandita da orari, regole, incarichi.

“Ho partecipato a missioni in tutto il mondo: recuperavamo feriti, cercavamo i dispersi, portavamo i rifornimenti, intervenivamo nella lotta antincendio e supportavamo le missioni a terra. Lacrime, sangue ma anche gioie e soddisfazioni. Una volta accompagnai monsignor Angelo Bagnasco, che all’epoca era ordinario militare a Tallil, in Iraq, a sud di Nassiriya. Celebrammo la Messa di Natale nella tenda del magazzino viveri, con il fetore di salamoia che pizzicava le narici. Eppure lo rammento come il 25 dicembre più bello della mia vita”. Ricordi truci e dolorosi si alternano a dolci emozioni ripensando alle pause caffè con i commilitoni, alle notti passate a parlare, a sfogarsi e a conoscersi meglio.

“Mi mancano i miei compagni di viaggio. Nell’esercito si instaurano rapporti umani fortissimi, si condividono speranze, paure, sensazioni che altri non possono capire. Le mie amicizie più vere e sincere sono nate lì”.

Ma una fiamma già ardeva dentro il capitano Leoni. E sebbene abbia sempre avuto un posto importante, d’improvviso ha preteso l’attenzione esclusiva.

“Non ho mai smesso di coltivare la mia fede. Mi ritiravo spesso a pregare. Poi, un giorno, ho realizzato, tutto mi è stato improvvisamente chiaro: io credevo e non potevo fare a meno di donare alla Chiesa non solo la mia intera esistenza terrena ma l’eternità”. Nel 2009 Leoni prese un anno di licenza e, il 21 giugno 2010, firmò il congedo ufficiale per entrare in seminario. “Io non vedo contraddizione nel mio percorso. Vedo solo due differenti incarichi. L’esempio più grande di fede, Gesù lo trova in un centurione romano, uno che per mestiere ammazzava le persone”.

E anche adesso non mancano le missioni. “Ora cerco il linguaggio giusto per guidare le anime, offrire loro una strada, una possibilità. Diamo troppe cose per scontate. La Fede permette di vivere la vita intensamente, di essere qui ed ora. Dobbiamo morire da vivi, spesso si muore già da morti”.