Michela è una ragazza esplosiva e coinvolgente; lo è talmente tanto che quando parla della sua vita in Cina, fa venire voglia di prendere un aereo domani stesso per raggiungere questo stato che si trova ad oltre 7mila kilometri di distanza dall’Italia. Oggi lavora per un’azienda di Belluno leader nel mercato mondiale del packaging di lusso per i più grandi e famosi brand di moda.
Ma facciamo un passo indientro: di chi stiamo parlando?

 

Di Michela Burzi, nata e cresciuta a Castiglion Fiorentino ma da tanti anni, cinese di adozione.

“Come sei arrivata in Cina?”

“La storia è lunga. Fin da bambina, sono sempre stata ambiziosa e calcolatrice sulla direzione da prendere e sui risultati da ottenere. A 14 anni ho deciso di studiare lingue perché mi ha sempre affascinato l’idea di poter comunicare con persone diverse e poi perché conoscere almeno l’inglese mi avrebbe concesso più opportunità lavorative…”

E infatti inizia a studiare inglese, e nel 2009, dopo il diploma inizia a scrivere un nuovo capitolo della sua vita andando ad abitare a Londra. Inizia poi a frequentare l’Università di Lingue con indirizzo Economico a Bologna  e intanto torna a vivere a Londra. Nel 2011 vince una borsa di studio alla Sorbonne di Parigi e durante l’anno vissuto nella capitale francese, si perfeziona nell’inglese, nello spagnolo e nel francese. Allo stesso tempo, proprio perché Michela è una persona che ferma non ci può proprio stare, inizia a valutare di iniziare a studiare una lingua meno comune ma molto importante per il business, e quindi una tra arabo, russo e cinese:

“Dopo aver fatto alcune valutazioni, ho optato per il cinese e rientrata in Italia dalla Francia, ho lasciato la valigia al sapore di baguette e ne ho fatta un’altra al profumo di ravioli al vapore! – ride, ndr – Il tempo di una scorpacciata di costolicci, filetto al tartufo e prelibatezze toscane, che sono già sull’aereo per Shangai. È il 2012.”

Nella sua idea, c’è  il trasferimento momentaneo in Cina, magari per un breve periodo, giusto per vedere il mondo da un altro punto di vista, e la soluzione migliore sembra essere stare un paio di mesi in famiglia.

“Ricordo ancora lo stupore dell’agente di viaggi quando con i miei genitori andammo in agenzia e io dissi di voler vivere in una famiglia cinese per un period, perché era una richiesta strana! Pensateci: chi mai potrebbe chiedere di vivere in una famiglia cinese così, di punto in bianco, se non io?! – (ride, ndr) – Non sapevo minimamente cosa mi aspettasse nè sapevo cosa aspettarmi. Avevo 23 anni e mi sono ritrovata catapultata in un altro mondo dove non capivo una sola parola, dove qualsiasi scritta era incomprensibile e dove addirittura non capivo neanche quando contavano, perché in Cina contano in modo diverso rispetto a noi.”

Appena si è trasferita in Cina, Michela ha vissuto a Guangzhou per più di 3 anni, e poi è andata ad abitare a Shenzen, dove tutt’ora vive.

“Shenzen si trova al confine con Hong Kong ed è la cosiddetta “Silicon Valley” cinese. È una metropoli di 18 milioni di persone e da qui proviene l’80% dell’elettronica distribuita in tutto il mondo. È una città futuristica. Qui i camerieri robot sono la normalità, come i cani robot, i droni per delivery, e anche i minivan senza conducente che girano per i parchi vendendo bibite”.
Grazie a lei scopro che in Cina ci sono tanti luoghi letteralmente copiati dall’Italia, ricreati per filo e per segno, come una città che è un mix tra Assisi e Venezia, e una Little Italy a Tienjin, vicino Pechino, che in realtà è Anghiari: proprio un paesino dentro la metropoli che si chiama Anghiari.

“Come hanno preso i tuoi genitori la decisione di andare in Cina?”

“Ho avuto la fortuna di avere accanto dei genitori che mi hanno sempre appoggiato nelle mie idee più o meno folli (che poi si sono rivelate essere folli all’apparenza, in un primo momento, poi sono risultate essere le scelte più giuste che abbia mai potuto prendere). Ringrazio soprattutto mia mamma che ha un carattere forte come il mio, e che ha sempre pensato che se fossi caduta mi sarei rialzata sempre. Il mio babbino invece è stato come una chioccia, avrebbe fatto di tutto per evitarmi le delusioni e le sconfitte”.

Il 6 settembre 2015 Michela arriva a Guangzhou per studiare alla South China University of Technology, con l’obiettivo di migliorare sempre di più il cinese.

 

 

“Come hai fatto ad imparare sempre meglio questa lingua completamente diversa dalla nostra?”

“Mi sono sforzata di uscire con vietnamiti, thailandesi, laotiani, indonesiani, cinesi, malesiani, per parlare con loro cinese e non inglese. Mi sono trovata bene, tanto che quando l’anno universitario stave per giungere al termine, ho deciso di prolungare la mia permanenza  in Cina. L’amore per quel mondo pazzo, completamente diverso da qualsiasi altro tipo di paese, mi aveva rapito e incuriosito… per me era elettrizzante e stimolante”.

“Visto che tu di imparare le lingue ne sai qualcosa, cosa consiglieresti a chi ne vuole studiare una nuova?”

“Di mettersi in testa che per imparare davvero una lingua è importante trasferirsi per un periodo in quel paese, frequetando persone di lì. Ma fondamentale è non demordere. Pensa che avevo una professoressa di spagnolo all’università che mi diceva “Burzi, ma cosa vuoi studiare il cinese se non sai nemmeno lo spagnolo”. E invece mi sono ripresa la rivincita personale, oggi parlo cinque lingue e ne capisco sei. Quindi a te che stai leggendo dico: non buttarti giù, se davvero lo vuoi, go for it! Non importa quanta gente ti dirà che non sei portato o che non sei abbastanza intelligente, se davvero credi nei tuoi sogni, inseguili!”

Oggi Michela il cinese lo sa molto bene, con i colleghi parla solo cinese, tanto che… “I miei mi prendono in giro dicendo che mi regaleranno un corso intensive di italiano, perché ormai è la lingua che parlo peggio”.

“Senti Michela, ma com’è vivere in Cina?”

“Risponderò facendo riferimento alla mia vita pre-Covid, dal 2015 al 2019. Vivere in Cina non è per tutti, è un mondo a sè. È un paese pieno di contraddizioni, di cose senza senso, ma sono proprio questi dettagli che lo rendono bello e affascinante. Per una persona come me alla quale piacciono le sfide, che preferisce uscire dalla comfort zone e che ama vivere al 300%, questo è sicuramente il posto giusto”.

“Se penso alla Cina, penso anche alla pandemia, alle immagini trasmesse dai telegiornali che arrivavano da là e che mettevano i brividi. Come è stato vivere quel periodo?”

“Pensavo di impazzire, non è stato facile vivere in un paese in cui in sole 24 ore si è passati ad essere in lockdown totale. Negli anni del Covid ho sentito davvero la dittatura, ed è stato tremendo”.

Poi mi racconta di come lei, di punto in bianco, sia stata vista come un mostro dai cinesi:

“Venivo vista come un portatore di Covid, sebbene anche io fossi rinchiusa esattamente come loro. Tutti mi guardavano male, si allontanavano da me e si mettevano la mascherina, anche all’aperto, non appena mi vedevano”.

Una situazione decisamente diversa da quella vissuta in precedenza, quando Michela veniva vista come diversa ma in senso positivo:

“I primi 4 anni in cui ho vissuto in Cina sono stati incredibili. Le persone mi fermavano per strada chiedendo  foto e video, addirittura mi mettevano tra le braccia i neonati solo perché volevano fare la foto con la straniera bionda, chiara di pelle e con gli occhi azzurri. All’improvviso poi sono diventata l’untore della situazione  e mi sono sentita isolata. Ho vissuto una situazione di forte stress, tra Covid, lavoro, non potendo vedere la famiglia e non potendo tornare. Fortunatamente adesso tutto è passato e sono tornata a vivere la vita di prima, o quasi”.

“Ma non ti manca la Valdichiana o Castiglion Fiorentino?”

“Ho sempre amato l’Italia, e soprattuttto Castiglioni, che mi manca da morire, ma sinceramente non ci tornerei mai. Io mi rendo conto di provenire da una nazione meravigliosa, dal paese più invidiato e sognato del mondo. Cinesi, thailandesi, indonesiani, jamaicani, americani, tutti vedono l’Italia come un sogno. In Asia tutti provano a imitare noi italiani, e molti vanno mangiare nei ristoranti italiani solo per farsi grandi e per mettere il post sui social, spesso neanche sapendo cosa hanno mangiato. Sono consapevole di essere fortunate ad essere nata in Valdichiana, ma non è il posto per me, sono troppo dinamica per la piccola realtà non di provincia, ma proprio italiana. Mi piacerebbe aprire un agriturismo in Italia, ma certo sempre facendo la spola tra lì e un altro stato in cui abitare, come la Spagna. Sicuramente nei miei piani non c’è di tornare a Castiglioni, anche se amo la mia terra e la mia famiglia, ho bisogno della dinamicità che solo una grande metropoli mi può dare”.