Nel cuore del Valdarno Superiore, una città moderna con un’anima antica

Geolocalizzazione

Città più importante e popolosa del Valdarno aretino, Montevarchi occupa parte di un grande bacino lacustre preistorico prossimo alle colline che dividono la vallata dal Chianti.

Il territorio comunale si sviluppa sulla riva sinistra dell’Arno e fu abitato fin dall’epoca romana, come indicano alcuni ritrovamenti nei dintorni della città, ma è in epoca medievale che germogliò un vero e proprio centro abitato. La crescita costante vissuta da Montevarchi dopo la rivoluzione industriale portò benessere e innovazione, ma non snaturò ma un luogo dove ancora oggi tradizione, cultura e arte sono valori tenuti ben saldi, come dimostrano le iniziative che rendono il comune valdarnese vivo tutto l’anno.

Un crocevia strategico tra grandi città e influenti diocesi

La collocazione di Montevarchi, al confine tra la diocesi aretina e quella fiesolana, lungo i percorsi commerciali che nel medioevo collegavano Arezzo, Firenze e Siena, portò alla nascita nell’XI secolo di un castello sull’odierno colle dei Cappuccini, per volontà dei Marchesi Bourbon del Monte Santa Maria.  Il fortilizio fungeva da guardiano anche per la vicina collina della Ginestra, dove si trovavano l’antichissimo monastero benedettino di Sant’Angelo, attivo già nel VII secolo, e l’attiguo ospedale per i pellegrini, voluto dal vescovo di Arezzo Elemperto agli inizi dell’XI secolo, per essere affidato nella gestione ai monaci.

Nel XII secolo il castello di Montevarchi finì sotto il controllo dei Conti Guidi, che favorirono lo sviluppo di un mercatale, venduto nel 1254 a Firenze con la rocca. Dopo essere stato potenziato con una cinta ellittica, ancora leggibile guardando la città dall’alto, il luogo divenne un avamposto fiorentino contro Arezzo e i feudatari locali, assieme alle tre cosiddette “terre nuove”, città fortificate costruite ex novo da Firenze negli anni Novanta del XIII secolo, ovvero le odierne San Giovanni Valdarno, Terranuova Bracciolini e Castelfranco di Sopra.

Dapprima con la Repubblica Fiorentina e in seguito sotto il Granducato di Toscana, il centro valdarnese sviluppò la sua vocazione per la raccolta e lo smistamento di prodotti come cereali, lino e canapa. Dal Settecento Montevarchi fu importante come distretto per la produzione di cappelli di feltro e la lavorazione della pelle, attività che dopo l’Unità d’Italia portarono alla nascita di un polo industriale tra Arezzo e Firenze che sfruttava i vicini giacimenti di lignite per la produzione di energia elettrica. Questo circolo virtuoso favorì una notevole crescita economica e demografica nel territorio.

Negli ultimi anni la crisi di alcuni settori manifatturieri ha avuto dei contraccolpi anche nel Valdarno aretino, ma i montevarchini hanno saputo rimboccarsi le maniche riconvertendo aree dismesse per creare nuovi modelli industriali sostenibili e puntando sulla valorizzazione del patrimonio storico artistico locale, sempre più conosciuto e apprezzato.

Piazza Varchi, da secoli il cuore della città

Il tour alla scoperta del centro storico inizia inderogabilmente da Piazza Varchi, l’epicentro dell’antico mercatale e il cuore pulsante di Montevarchi in ogni stagione. Qui sorgono, sul lato est, la Chiesa di San Lorenzo, principale edificio religioso della città, e il trecentesco Palazzo del Podestà, oggi sede del Consiglio Comunale e di prestigiosi eventi culturali e mostre d’arte, come quelle curate negli ultimi anni dalla Fondazione Mauro e Nuccia Capitani Ets.

Il lato settentrionale è appannaggio del Palazzo del Comune con il suo elegante loggiato, mentre sul lato ovest, quello che dà su via Roma, si osservano il nobile Palazzo Martini e un edificio più piccolo adiacente, che appartenne alla famiglia dell’insigne umanista del Cinquecento Benedetto Varchi.

La tradizionale “Festa del Perdono”, ogni prima settimana di settembre, è il momento più atteso dai montevarchini. La rievocazione del “Gioco del Pozzo” è l’evento clou della manifestazione e si svolge proprio in Piazza Varchi, dove i “gonfaloni” di Santa Maria del Pellegrino, Sant’Andrea, San Lorenzo e San Francesco si sfidano nel segno dell’abilità e della forza.

La Collegiata di San Lorenzo e il suo museo d’arte sacra

Per l’importanza del suo patrimonio artistico, la Chiesa di San Lorenzo è una tappa immancabile per chi visita Montevarchi. Un edificio più piccolo di quello odierno fu costruito tra la seconda metà del Duecento e la prima metà del Trecento in forme tardo romaniche. Nel corso del Quattrocento visse importanti trasformazioni, perché nel 1440 venne eretto il campanile a torre e negli anni Novanta dello stesso secolo, all’angolo tra la controfacciata e la navata destra, fu realizzato il Tempietto robbiano, cioè una cappella impreziosita da terrecotte invetriate di Andrea della Robbia per custodire la “Reliquia del Sacro Latte”, cimelio donato nella seconda metà del XIII secolo dal conte Guido Guerra, feudatario di Montevarchi.

Nel 1561 la chiesa venne elevata al grado di “collegiata”. Dal 1637 partirono i lavori di ampliamento, che si protrassero per decenni. Tra il 1706 e il 1722 ci fu un completo rifacimento dell’edificio in stile barocco, che portò anche alla rimozione del tempietto. Quest’ultimo è visibile nel Museo d’Arte Sacra della Collegiata, inaugurato nel 1973 dove era la vecchia sagrestia, assieme a sculture, miniature, tele, affreschi staccati, arredi sacri e oggetti d’oreficeria di grande valore, appartenenti a diverse epoche e vari autori.

Le altre chiese montevarchine, scrigni dalla storia originale

Lungo via Bracciolini, a breve distanza da Piazza Varchi, si trova la Chiesa di Sant’Andrea a Cennano in San Lodovico, di origine trecentesca, sorta come edificio di culto per il convento francescano di San Lodovico, soppresso nel 1808. Nel 1821 divenne la nuova sede della Propositura di Sant’Andrea Apostolo a Cennano, mentre lo splendido chiostro quattrocentesco, detto Chiostro di Cennano, fu assegnato all’Accademia Valdarnese del Poggio per ospitarne dal 1819 la sede, la biblioteca e la collezione paleontologica aperta al pubblico nel 1829, più nota come Museo Paleontologico di Montevarchi.

La Chiesa della Confraternita della Misericordia o Chiesa di San Sebastiano, in via Cennano, fu eretta nel 1567 e presenta magnifiche decorazioni rococò in stucco dorato. Alla seconda metà del XVI secolo appartiene anche la sconsacrata Chiesa di Sant’Antonio Abate di via Marzia, oggi auditorium comunale.

Fuori dal centro storico si trovano edifici sacri di grande interesse. La Chiesa di Santa Maria al Giglio, in via Burzagli, venne completata nel 1613 nei pressi di un ponticello, accanto al quale sorgeva un tabernacolo dedicato alla cosiddetta “Madonna del Ponte”. L’immagine mariana è stata attribuita al pittore Luberto da Montevarchi, attivo tra la seconda metà del Quattrocento e i primi decenni del secolo seguente. La Chiesa di Santa Maria delle Grazie, in località Pestello, è invece documentata dal 1522 e accoglie una “Sacra famiglia” cinquecentesca di scuola fiorentina, anch’essa proveniente da una maestà esterna.

Discorso a parte lo merita, infine, la Chiesa di Santa Croce in località La Ginestra, ovvero ciò che rimane di uno dei più antichi e influenti monasteri del Valdarno Superiore, quello di Sant’Angelo alla Ginestra, le cui vicende politico-religiose segnarono dal periodo longobardo ai primi dell’Ottocento, quando fu alienato a privati, la storia montevarchina. Al posto dell’antico complesso monastico oggi è attivo il polo culturale comunale denominato Ginestra Fabbrica della Conoscenza.

Villa Masini, un edificio da premio oscar

Nei primi decenni del Novecento, gli industriali montevarchini che avevano fatto fortuna, favorirono l’elevazione di splendide dimore guardando ai linguaggi imperanti del periodo. Villa Masini, in via del Pestello, è una delle più celebri mescolanze di liberty, art déco e stile eclettico in Toscana, non a caso scelta anche come set del film oscar “La vita è bella” di Roberto Benigni. La costruzione fu voluta dall’imprenditore di cappelli Angiolo Masini e realizzata tra il 1924 e il 1928 su disegno dell’ingegner Giuseppe Petrini, autore anche di Villa Lazzerini lungo via Dante e Villa Galeffi di via Burzagli, in collaborazione con l’architetto Luigi Zumkeller.

Altro esempio interessante della prima metà del Novecento, in questo caso pubblico, è il Palazzo Littorio di piazza Garibaldi, realizzato tra il 1937 e il 1939 su progetto di Raffaello Maestrelli, che unisce classicità e razionalismo. Nella stessa piazza gravitano le Stanze Ulivieri, un elegante edificio terminato nel 1911 come nuova sede del circolo culturale sorto nel XVIII secolo.

Il Museo del Cassero, un polo unico in Italia dedicato alla scultura

In piazza Vittorio Veneto si può ammirare l’antico Cassero di Montevarchi, che faceva parte delle fortificazioni del XIII secolo progressivamente smantellate già dal Seicento. Alla fine del XVIII secolo la robusta struttura difensiva venne ceduta a privati e nella seconda metà dell’Ottocento fu acquisita dalla Provincia di Arezzo, per riadattarla a sede della caserma dei Reali Carabinieri.

Nel 1996 l’edificio fu concesso in comodato al Comune di Montevarchi, che lo restaurò per destinarlo a sede museale. Nacque così, nel 2010, il Cassero per la scultura italiana dell’Ottocento e del Novecento, museo e centro di documentazione sull’arte plastica unico nel suo genere, che ha come finalità lo studio e la divulgazione della scultura del XIX e del XX secolo attraverso la raccolta di materiale sugli artisti del periodo, in collaborazione con università, accademie, archivi, musei e collezionisti di tutta Italia. La collezione permanente comprende più di 600 opere tra bronzi, marmi, gessi, legni, terrecotte e disegni.