Da Chimera Gold all’ACF Arezzo, l’intervista a un imprenditore che mattone dopo mattone, progetto dopo progetto, centimetro dopo centimetro, ha costruito un gruppo imprenditoriale e sportivo di prim’ordine. Massimo Anselmi si racconta, tra successi presenti e visioni future

Massimo Anselmi è l’amministratore unico di Chimera Gold, una delle aziende più prospere del territorio, e presidente dell’ACF Arezzo, la squadra di calcio femminile che ha conquistato una storica promozione in serie B. Aretino DOCG, classe ’67, è sposato con Elisabetta e hanno una figlia, Debora, nata nel 1989, che lavora in azienda. Un uomo che vive di valori e di passioni, valori e passioni che ha portato dentro l’azienda di famiglia, per poi condurla nel futuro, e poi nella società di calcio femminile, con quell’imprenditorialità che oggi nello sport non dovrebbe mai mancare, e i risultati sono sotto gli occhi di tutti. Orgoglioso degli obiettivi raggiunti, concentrato sulle\ visioni aziendali e sportive, riservato mediaticamente parlando, in questa intervista ha raccontato molto di sé. Spoiler: dandoci pure una notizia su come intende far crescere la società ACF Arezzo oltre il campo.

Chi era e chi è Massimo Anselmi?
«Un artigiano con delle ambizioni. Ho sempre voluto fare l’imprenditore, diciamo che il ‘vestito’ di artigiano mi stava stretto. È iniziato tutto con Chimera Gold che oggi è parte di una holding, la quale rappresenta il fiore all’occhiello della crescita imprenditoriale di tutta la famiglia. Una cavalcata iniziata negli anni Ottanta. Sono arrivato minorenne da dipendente e solo con la maggiore età sono entrato in società con mio fratello e mio cugino. Nel 1988 quest’ultimo, innamorato della parte commerciale, uscì facendoci concorrenza. L’anno dopo abbiamo fatturato un miliardo di vecchie lire, tre volte quello precedente. Un salto di qualità frutto di un’intuizione: conoscemmo Mimmina, un’eccellenza aretina, e iniziammo la produzione su larga scala, passando da dozzine di prodotti a quindicimila per volta. Poi sono arrivati Gianni Versace, Gianfranco Ferré e, negli anni Novanta, Dior; oggi i gruppi cui afferiscono sono tra i nostri principali clienti».

“Serve intuizione per stare un passo avanti alla concorrenza. meglio anticipare che arrivare dopo”

Nell’imprenditoria quale percentuale di testa, quale di cuore e quale d’istinto servono per avere successo?

«Difficile dare dei numeri. Nel corso di una vita aziendale ci sono sempre dei momenti di riflessione. L’importante è non scoraggiarsi e perseverare inseguendo i propri obiettivi anche quando tutto sembra andare storto rispetto a ciò che ci eravamo prefissati. Come tutti gli imprenditori anch’io ho attraversato momenti difficili, ma non ho mai guardato indietro con negatività, non ci si deve mai fermare. Più che di istinto, però, parlerei di intuizione. Un imprenditore deve stare sempre un passo avanti alla concorrenza, anche se qualche volta si rischia di anticipare troppo i tempi. Alla fine, comunque, è sempre meglio anticipare che arrivare dopo. Noi, per esempio, in Chimera Gold, con l’industria 4.0, abbiamo fatto grandi passi in avanti per quanto riguarda l’automazione, anticipando l’intero settore».

Quanto è importante il capitale umano dentro Chimera Gold?
«Molto importante. Ovviamente ci sono collaboratori molto stretti e altri meno, dipende dai ruoli. Con i primi ci devono essere affinità caratteriali e deve nascere un’amicizia, altrimenti sarebbe impossibile lavorare fianco a fianco per tutto il tempo che passiamo insieme; oltretutto questo aiuta a superare le situazioni più complicate. La matematica è il mio forte, traduco tutto in numeri, anche quando facciamo le riunioni riporto tutto alle cifre, che mi aiutano a ricordare e a unire i puntini. Ecco, quando scelgo un collaboratore una delle caratteristiche che cerco è l’attitudine ai numeri».

Quali sono i margini di crescita del gruppo?
«Sono imprenditore da oltre trentacinque anni e in un percorso del genere si deve essere bravi a seguire i trend di crescita e a consolidare, poi, i risultati. Nell’ultimo periodo il gruppo ha registrato una crescita rilevante ed evidente».

Quanto dà Chimera Gold al territorio e quanto prende?
«Questa domanda mi porta al calcio… Ho sempre cercato di rendere al territorio ciò che grazie a questa città è diventata Chimera Gold. Certo noi abbiamo clienti internazionali, ma ci sono i dipendenti, i fornitori, l’indotto che sono cresciuti e crescono con noi. La battaglia totale del 2018 con l’S.S. Arezzo mi ha scatenato qualcosa dentro, ho capito che il territorio aveva bisogno di maggiori attenzioni».

Cos’è il calcio per Massimo Anselmi?
«Prima ero solo uno spettatore, adesso è parte integrante della mia vita. Il calcio non è solo agonismo, è anche aggregazione sociale, un punto di riferimento per giovani e famiglie, un volano per promuovere principi e valori sani. Un’azienda ha come obiettivo primario i margini di guadagno, il calcio lo fai, principalmente, per passione, per la gioia delle persone e vederla nei loro occhi, grazie ai miei sforzi, mi dà soddisfazione. Vedere le ragazze dell’ACF Arezzo felici è bellissimo, è come se tutto il lavoro che c’è stato a monte avesse concesso loro una grande opportunità, opportunità che hanno saputo cogliere alla grande, scatenando entusiasmo e appagamento. Inutile nasconderlo, insieme siamo diventati una grande famiglia».

“Il calcio non è solo agonismo, è anche aggregazione sociale, un punto di riferimento per giovani e famiglie, un volano per promuovere principi e valori sani.”

Che differenza c’è tra quello maschile e quello femminile?
«Al di là delle differenze oggettive c’è un aspetto personale fondamentale. Dell’ACF Arezzo io sono il presidente e metto in pratica tutto quello che, secondo me, è opportuno fare per il raggiungimento degli obiettivi di questo progetto calcistico. Qui posso incidere di più, entrare nel merito. Il calcio è uno sport ed è fatto soprattutto di emozioni».
Cos’era l’ACF Arezzo prima e cos’è adesso, dopo l’arrivo di Anselmi?
«Innanzitutto nutro grande rispetto per chi c’era prima di me. Era, oggettivamente, una conduzione più amatoriale, con meno schemi, spontanea e con figure che all’interno della società si sovrapponevano. Grazie pure all’esperienza vissuta con l’S.S. Arezzo, ho portato una conduzione più imprenditoriale e manageriale. L’ACF Arezzo è stata acquisita dal gruppo due anni fa e nella prima stagione, 2020-21, non ho cambiato niente, anche perché ho preso la squadra in corsa. Quello è stato l’anno zero. Questo, invece, è stato il primo nel quale ho potuto incidere direttamente».

Che valore e che gusto ha questa serie B raggiunta con le ragazze amaranto?
«Un voto? Dieci. Tutti gli sforzi fatti puntavano alla promozione in un campionato nel quale potremo esprimerci ancora meglio. Abbiamo costruito una società e una squadra per conquistare la serie B, potrà sembrare presuntuoso, ma un imprenditore si deve porre dei traguardi concreti e fare di tutto per raggiungerli. Intanto è arrivato il professionismo, secondo me in ritardo, ma è arrivato e adesso Federazione e istituzioni lo devono supportare con maggiore convinzione. Noi siamo pronti, abbiamo anticipato i tempi, abbiamo costruito una rosa che potesse competere con squadre più forti e non vediamo l’ora di confrontarci con il calcio femminile d’élite. Infine una considerazione, una visione. I presidenti non sono eterni, le condizioni possono cambiare. Di sicuro non sono un tipo che si scoraggia, anzi, ma vorrei lasciare qualcosa di concreto alla città, non solo una squadra di calcio femminile di cui andare fieri, ma anche delle strutture d’avanguardia, come un centro sportivo, qualcosa di tangibile del mio passaggio».

La considera più una rivincita o un successo imprenditoriale e organizzativo?
«No, una rivincita no, non avevo né la voglia né l’interesse di dimostrare qualcosa agli altri. Il calcio maschile mi ha messo in contatto con quello femminile e dopo è iniziata una strada nuova, diversa. Quando l’ex presidentessa mi ha chiesto di subentrare ho colto l’occasione. Direi che questo è un successo imprenditoriale e come tale, dopo il derby vinto a Perugia e la B matematica, ho detto: “Ora il gioco si fa duro”».

Con la serie cadetta aumentano le difficoltà, come intende alzare l’asticella?
«L’asticella si alza fisiologicamente con il cambio di categoria. Noi abbiamo delle giocatrici da serie B che ci hanno permesso di fare un campionato da leader, ma tutto il calcio femminile sta crescendo ed è chiaro che sarà sempre più difficile. Infine, a me piace tornare a casa soddisfatto dopo le partite, quindi faremo tutto il possibile per affrontare la cadetteria nel migliore dei modi».

“Prima ero solo uno spettatore, adesso il calcio è parte integrante della mia vita”

Che giudizio esprime sulla rosa che ha conquistato la promozione?
«Un gruppo di ragazze che ha dimostrato grandi qualità in campo e fuori del campo e questo nel femminile ha un grande peso. C’è uno zoccolo duro che è fondamentale per lo spogliatoio, con giocatrici di categoria superiore e alcune giovani di grande prospettiva».

Emiliano Testini si è dimostrato un tecnico d’avanguardia, che futuro gli predice?
«Emiliano è la mia persona di fiducia nel calcio e tra di noi c’è un rapporto di amicizia che va oltre. È stato un ottimo allenatore e ha saputo guidare le ragazze passo dopo passo, convincendole di essere le più forti; detto questo, è innamorato ancora della sua vita da calciatore e ha, contemporaneamente, le capacità per ricoprire più ruoli all’interno di una società. Posso dire, infatti, che in questa nostra stagione insieme è stato un manager all’inglese, occupandosi di vari aspetti».

Quanto le è bruciato uscire dalla Coppa Italia?
«Abbastanza. D’altra parte dovevamo giocare tre partite in sette giorni, in un girone difficile, con tanti scontri diretti e con sei, sette, squadre, che come noi lottavano per vincerlo. Mi è dispiaciuto, comunque, perdere ai rigori e uscire dalla Coppa Italia contro la Ternana perché non ci abbiamo nemmeno provato».

Qual è stata la svolta della stagione?
«Io ci ho sempre creduto, ma tra crederci e vincere c’è differenza. Il primo pareggio in casa contro l’Azalee Solbiatese è stato uno shock, l’abbiamo ripresa all’ultimo respiro e c’era un abisso rispetto a tutto quello che avevo visto in ritiro e nelle partite pre campionato. Poi è scoccata la scintilla e la squadra ha trovato la sua alchimia. Emiliano (Testini, ndr) è stato un martello per tutta la stagione e mi piace raccontare l’episodio con il Pontedera: la squadra stava vincendo tre a zero e lui continuava a spingerla avanti, allora Ulivieri, allenatore avversario, scherzosamente gli ha detto “Ce lo farai fare almeno un gol” ed Emiliano, secco, ha risposto “No”; in quella risposta c’è tutta la sua cazzimma, di uomo e di allenatore. Posso dire, poi, che nella netta vittoria di Pinerolo abbiamo espresso tutta la nostra consapevolezza, il campionato si è chiuso lì in attesa della matematica. Però ci sono stati tanti momenti decisivi, senza contare che non abbiamo mai rinviato una partita per Covid. A Ivrea, in questo senso, ci hanno teso un ‘tranello’, iniziando dalla contestazione dei green pass, cosa che non potevano nemmeno fare. Abbiamo dovuto litigare, c’era tensione, le ragazze erano contate e demoralizzate, non avevamo cambi e abbiamo portato a casa lo 0-0. I campionati si vincono anche in momenti come quelli».

Che accordi avete per l’utilizzo dello stadio in vista della serie B?
«Esiste una convenzione che il Comune ha stipulato con l’S.S. Arezzo e noi con loro abbiamo un accordo per l’utilizzo dello stadio, riconfermato anche per la stagione 2022-23».

Guido Vaciago, neo direttore di Tuttosport, ha dichiarato: «Il calcio ha perso il 40% della generazione Z a cui non interessa affatto e nel rimanente 60% la componente femminile è molto alta». Un endorsment per il calcio femminile che sta crescendo a livello globale con investimenti mirati e importanti. Che sviluppi prevede e come pensa possa crescere il calcio femminile ad Arezzo?
«Credo anch’io che il calcio femminile abbia un grande potenziale. Da parte nostra faremo tutto il possibile per coinvolgere la città e per avvicinarla all’ACF Arezzo, imprenditori compresi, che possono avere in cambio tanta visibilità. Ora, c’è qualcuno che non ci ha mai visto giocare e si potrebbe divertire, ve lo assicuro. Se giocassimo nello stesso stadio, ogni domenica ci sarebbe una squadra amaranto da seguire, stessi colori, stessa città. Non sarebbe meraviglioso?».