Lungo la sponda destra dell’Arno un territorio lega i comuni di Arezzo, Capolona e Castiglion Fibocchi nel segno del paesaggio, dell’arte e della storia.

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Geolocalizzazione

Quindici chilometri da percorrere sulla sponda destra dell’Arno, i tre comuni dell’ambito territoriale “Arezzo” coinvolti nell’accoglienza e nell’informazione turistica sotto la gestione della Fondazione Arezzo Intour, associazioni culturali, pro loco, circoli e centri di aggregazione impegnati nella valorizzazione dell’area.
Aggiungiamoci un paesaggio fatto di dolci colline coltivate che degradano verso il grande fiume toscano, un’area naturale protetta di grande valore, il Pratomagno che vigila dall’alto su resti di gloriosi castelli, tracce archeologiche, antiche pievi e, dulcis in fundo, un ponte romanico di straordinaria bellezza che secondo alcuni noti leonardisti farebbe da sfondo al quadro più famoso ed enigmatico del mondo: la “Gioconda” di Leonardo da Vinci.
Tutto questo e tanto altro si può trovare visitando quella fascia di territorio a nord ovest della città dove i territori di Arezzo, Castiglion Fibocchi e Capolona si incontrano e vengono attraversati senza soluzione di continuità da due strade provinciali, la via dello Spicchio e la via Setteponti.
Siete pronti per un’indimenticabile full immersion nella bellezza a chilometro zero?

Ponte Buriano, una storia infinita lungo la Cassia Vetus

Come perno del nostro itinerario possiamo scegliere Ponte Buriano, il ponte aretino più famoso e ammirato tra quelli storici che superano l’Arno, di recente sottoposto a restauro. L’attraversamento prende il nome da un antico villaggio più distante dal fiume rispetto alla frazione odierna, oggi scomparso. Per questo motivo sarebbe più corretto dire, come si faceva in passato, Ponte a Buriano. Anche dell’abitato che si sviluppò nel medioevo alle due estremità dell’infrastruttura è rimasta solo una parte sulla sponda destra, perché con la realizzazione della diga Enel della Penna nel 1957 case e attività vennero abbattute per l’innalzamento dell’acqua.
In epoca etrusca nella zona, attraversabile nei mesi estivi con un guado carrabile, vi doveva essere un ponte di legno leggermente più a valle. Nel periodo romano ne venne costruito uno più robusto, con i pilastri in muratura sui quali forse continuava a correre una struttura lignea. Da qui passava la via consolare Cassia Vetus di età ellenistica che da Roma arrivava ad Arezzo e quindi si inoltrava nel Valdarno Superiore, prima di raggiungere Fiesole e dal I secolo a.C. la nuova colonia di Florentia, la futura Firenze.
Nel medioevo il tracciato continuò a essere rilevante. Un ponte, che in parte riutilizzava quello romano, fu rifatto nel XII secolo ma è nel Duecento che si decise di costruire quello “ad arco a via superiore” che vediamo oggi. Come data di realizzazione si indica spesso il 1277, anno citato anche negli Annali Aretini, ma in realtà potrebbe essere quello di ultimazione, perché una pietra tra i fori delle centine di un’arcata riporta il 1240, forse l’anno di inizio lavori finanziati dagli Accolti e dai Chimenti.

Da meraviglia dell’ingegneria medievale a Ponte della Gioconda

Ponte Buriano è giunto a noi con i suoi poderosi sproni che arrivano fin quasi al piano di calpestio. Nel corso dei secoli più di una volta sono stati compiuti interventi di rinforzo e restauro, in particolar modo dei piloni messi a dura prova dalle piene e dalle “fodere”, ovvero le zattere formate da tronchi legati tra loro, che dal XIV secolo attraversarono di continuo le arcate per raggiungere Firenze, Pisa e altre città lungo il percorso dell’Arno. Il legname proveniva dalle foreste casentinesi e, muovendosi dal porto di Pratovecchio, veniva fatto scorrere sul fiume per giungere ovunque sarebbe servito.
Nel 1992 Ponte Buriano salì agli onori delle cronache grazie alle intuizioni di Carlo Starnazzi, che riconobbe nell’ambientazione che fa da sfondo alla “Gioconda” di Leonardo da Vinci, databile al 1503/1504, proprio il ponte romanico.
Fino al 1778, a breve distanza dall’attraversamento, sorgeva la locanda dove secondo la tradizione il 1° maggio 1581 sostò il filosofo francese Michel de Montaigne, che nel suo giornale di viaggio ricordò la bellezza dell’attraversamento. Una lapide nella facciata dell’edificio, che in seguito cambiò destinazione, rimanda a questo episodio.
Nel 1977, settecentesimo anniversario dall’apertura del ponte, lo scrittore e medico Mario Lucherini promosse la prima rievocazione storica della battitura del grano in provincia di Arezzo, messa in scena con un motore a vapore del 1921. L’anno dopo, assieme all’attuale presidente dell’associazione “Borghi d’Arno” Gualberto Gualdani e ad altri abitanti, lo stesso Lucherini fondò il Centro ricreativo e culturale di Ponte Buriano, motore di tanti eventi e fondamentale nell’opposizione al progetto di innalzamento del livello dell’acqua della diga, scongiurato nel 1998, che avrebbe coperto tutto.
Il 16 luglio 1944 il ponte romanico aveva già affrontato una dura prova, quando i tedeschi in ritirata minarono le fondamenta per farle saltare in aria. Per fortuna il progetto fallì grazie al blitz di un gruppo d’assalto inglese del reggimento Lothians and Border Horse ricordato da una targa.

Meliciano e Cincelli, due villaggi incastonati in un sogno

Subito a monte di Ponte Buriano due brevi tappe ci portano alla scoperta di Meliciano e Cincelli, frazioni di confine del territorio comunale di Arezzo. Meliciano è un minuscolo borgo incantato raggiungibile attraverso l’omonima strada dopo circa due chilometri di percorrenza. Non c’è più nulla del castello documentato nel medioevo, ma rimangono la chiesa parrocchiale di San Michele Arcangelo ricostruita nella seconda metà dell’Ottocento e l’imponente Villa Cassi con il suo oratorio esterno dedicato a Santo Stefano, anch’esso ottocentesco. Patria del silenzio per gran parte dell’anno, d’estate Meliciano si anima con l’evento musicale “Meliciano Sound Party”, organizzato dal locale Circolo Acli “Sauro Sestini”, e il progetto teatrale “Promenade” realizzato dalla compagnia Broken Jump, che coinvolge tutti gli abitanti del luogo.
A Cincelli si arriva invece in meno di un chilometro. Il piccolo luogo si sviluppa intorno alla chiesa di Santa Maria Assunta di origine medievale ma rifatta nei primi decenni del Novecento in stile neogotico. Il suo nome deriva dal latino “centum cellae” e fa riferimento alle camere di cottura delle fornaci dove si produceva la celebre ceramica da mensa aretina di epoca romana. Gli “Arretina Vasa”, dal caratteristico colore rosso corallo, vennero esportati in tutto il mondo allora conosciuto e resero Arezzo particolarmente fiorente tra il I secolo a.C. e il I secolo d.C.
A Cincelli c’era il più importante distretto di produzione vascolare esterno alla città.

I tesori di Capolona, tra borghi, castelli e antiche pievi

Se da Ponte Buriano svoltiamo a destra, attraverso la strada provinciale 56 detta dello Spicchio, entriamo dopo un breve tragitto nel territorio comunale di Capolona. Esso coincide in gran parte con i possedimenti dell’influente badia di San Gennaro a Campoleone (da qui il nome Capolona) fondata nel X secolo e poi affidata ai monaci benedettini provenienti da Montecassino. Il complesso monastico, già in declino nel XIV secolo, sorgeva nell’area dove oggi è un omonimo relais.
A breve distanza si incontra Castelluccio, centro sorto sui resti di un castello strategico a controllo dell’Arno di cui rimane un’entrata detta “Portaccia”. Quando nel 1808 fu istituito il Comune di Capolona, il municipio venne inaugurato proprio a Castelluccio, il luogo più vicino all’antica badia, ma con lo sviluppo dell’abitato intorno al sito industriale della zona di Ponte Caliano nel corso del Novecento, la sede comunale venne trasferita alle porte del Casentino, dove la vediamo ancora oggi.
Per gli amanti delle passeggiate tutta la zona offre itinerari che conducono a Cafaggio e Pieve San Giovanni con vista panoramica sulla valle delle Piagge, a San Martino Sopr’Arno, a Bibbiano dove sono le tracce di un altro antico castello e infine a Pieve a Sietina, il cuore artistico più prezioso del territorio capolonese.
La chiesa battesimale dedicata a Santa Maria Maddalena, citata in un documento del 1022, esternamente è figlia di vari rimaneggiamenti, soprattutto quelli del Seicento e Settecento, ma ancora si apprezzano le tre antiche absidi che corrispondono ad altrettante navate divise da grossi pilastri rettangolari. L’interno custodisce dei cicli di affreschi di grande importanza per studiare l’evoluzione della pittura aretina tra Trecento e Quattrocento. Uno è databile al periodo 1370/80 ed è attribuito a un anonimo artista noto come Maestro di Pieve a Sietina, un altro ciclo è collocabile alla fine del XV secolo ed è ricollegato ai seguaci di Lorentino D’Andrea e quindi ai pittori postpierfrancescani nel territorio.

In canoa alla scoperta della Riserva
La Riserva Naturale di Ponte a Buriano e Penna si sviluppa per circa 7 km di lunghezza lungo il corso dell’Arno, dal ponte romanico alla centrale elettrica a valle della diga Enel della Penna, e comprende l’invaso artificiale e le zone terrestri limitrofe. Il paesaggio è caratterizzato principalmente dai dolci colli circostanti all’invaso, intervallati da balze e pareti verticali. I boschi di roverella, la vasta area palustre e la vista delle coltivazioni in lontananza creano un contesto paesaggistico di grande fascino per chi attraversa il fiume.
Una maniera originale per farlo nella bella stagione è il percorso in canoa promosso da Discover Arezzo per i turisti che vogliono andare sulle orme di Leonardo, partendo dal ponte e navigando silenziosamente lungo l’Arno alla scoperta di anfratti e cascatelle nascoste.

Rondine, da potente castello a cittadella della pace
Se da Ponte Buriano decidiamo di prende la via Setteponti, dopo un chilometro un’indicazione ci porterà al borgo medievale di Rondine, oggi conosciuto in tutto il mondo per la sua Cittadella della Pace, un’organizzazione che opera per la riduzione dei conflitti armati nel mondo attraverso progetti educativi e formativi. Il suo Studentato Internazionale accoglie i giovani provenienti da Paesi in guerra tra loro e li aiuta a conoscere i presunti nemici attraverso la convivenza quotidiana e il dialogo. Valori che in seguito i ragazzi porteranno nelle terre d’origine come ambasciatori di pace. Accanto al villaggio gradualmente recuperato a partire dal 1976, si ammirano i resti del Castello di Rondine, una delle più potenti roccaforti del medioevo aretino, posta su un enorme scoglio nella riva destra dell’Arno e risalente probabilmente agli inizi del XII secolo. Dal XVII secolo il fortilizio perse di importanza. Osservando oggi le sue rovine, completamente avvolte dalla vegetazione, si intuisce l’impianto rettangolare con il poderoso torrione che lascia ancora immaginare il glorioso passato.
Castiglion Fibocchi, tra arte, natura e maschere… veneziane
Proseguendo lungo la via Setteponti, si entra nel territorio comunale di Castiglion Fibocchi, alle estreme pendici del Pratomagno, dove i Conti Guidi fecero erigere in epoca medievale un castello a controllo della strada che collegava il Valdarno al Casentino. Nel XII secolo venne ceduto a Ottaviano dei Pazzi, detto Bocco, e quindi ai suoi figli. Da qui il nome del luogo, “Castrum de Filiis Bocchi”, ovvero “Castello dei Figli di Bocco”.
Le piccole dimensioni del territorio comunale non impediscono a Castiglion Fibocchi di proporre ai visitatori un interessante patrimonio religioso come la chiesa parrocchiale dei Santi Pietro e Ilario, la chiesa di San Pietro in Pezzano con una delicata “Annunciazione” trecentesca di Andrea di Nerio e i resti dell’antica pieve di San Quirico in Alfano.
Da non dimenticare le visite a Gello Biscardo, uno dei borghi medievali meglio conservati del territorio aretino, alla “Big Bench” di Chris Bangle, una gigantesca installazione contemporanea a forma di panchina gialla da cui osservare vedute straordinarie su Valdarno e Valdichiana, e alla casa leopoldina del Poggiole di proprietà della Fraternita dei Laici, uno dei principali set del film “La vita è bella” di Roberto Benigni.
A Castiglion Fibocchi si svolge ogni anno il Carnevale dei Figli di Bocco, manifestazione carnevalesca che attira turisti da tutti Italia per ammirare le sfilate di costumi realizzati dalle sarte del paese, che non hanno nulla da invidiare a quelli molto più celebrati di Venezia. Provare per credere.