I due anni di stop forzato di gran parte delle mostre in Italia o i limiti di presenze imposti nei periodi in cui l’attività espositiva poteva essere portata avanti, ha messo in ginocchio il mercato dell’arte e creato seri problemi ad artisti, galleristi e tutti coloro che hanno a che fare con questo settore.

Come succede spesso, tuttavia, i periodi di crisi danno l’opportunità di riflettere sul proprio lavoro, fare ricerca e indagare nuovi temi, stili e tecniche. Da lì possono nascere progetti sorprendenti.

Se volete vedere un artista che ha saputo utilizzare al meglio il periodo del lockdown, vi consigliamo di approfittare della proroga fino al prossimo 30 giugno di “Opera nuova”, personale di Giulio Galgani inaugurata lo scorso 14 maggio nel Museo Comunale di Lucignano e voluta fortemente dall’assessore alla cultura Serena Gialli.

Ligure di nascita ma trapiantato da oltre trent’anni in Val di Chiana, Galgani ha già stregato con i suoi lavori i tanti turisti giunti nelle ultime settimane nel territorio lucignanese per la consueta “Maggiolata” e per ammirare da vicino i tesori di uno dei borghi più belli d’Italia.

Pitture, sculture e installazioni interagiscono come per magia con i capolavori della pinacoteca, ricca di opere che vanno dal Duecento all’Ottocento, creando un singolare dialogo.

Una mostra che, come spiega il suo curatore Cesare Biasini Selvaggi, entra in punta di piedi e con rispetto nel museo, consapevole del patrimonio già presente. Lo stesso allestimento non è invasivo ma coerente con l’importanza e la storia del luogo.

Galgani è nato nel 1958 a Genova ma vive da decenni a Badicorte di Marciano della Chiana, in un vecchio podere dove si trova anche il suo studio soprannominato da lui “Cripta”. È lì che la sua creatività poliedrica gli consente di sperimentare e spaziare dalle arti visive alla musica, dal teatro al cinema.

Attivo dagli anni Ottanta, l’autore ligure inizia con un percorso figurativo – surrealista, per indirizzarsi poi verso uno stile metafisico di ispirazione dechirichiana. Negli anni Novanta la collaborazione con lo street artist Toxic influenza il suo linguaggio, che si fa sempre più materico e informale.

Dal nuovo millennio l’artista comincia a utilizzare con sempre maggiore convinzione materiali di scarto delle lavorazioni industriali e artigianali. Nascono cicli come l’Oggetto ritrovato e i Fresati. Seguono le apprezzate sculture ispirate al patrimonio etrusco, che vanno a formare il ciclo dei Truschi, ovvero bronzi realizzati a cera persa. Nota è l’opera “Da Chimera a Chi M’era” che oggi si trova nel Palazzo Comunale di Arezzo.

In pittura Galgani sviluppa un linguaggio in cui sintetizza figurativo e astratto, arcaico e contemporaneo, simbolismi ed emozioni. Anche la sua attenzione al genius loci di un determinato territorio è sempre più dichiarata e il culmine di questo filo conduttore sarà nel 2011 la mostra itinerante “Viaggio In Italia” curata da Martina Corgnati, costituita dal ciclo delle Geopitture, ovvero pitto-sculture realizzate in fresato di pneumatico, bronzo e acrilici su tavola che rappresentano le regioni italiane, ognuna caratterizzata dalle sue tipicità.

“Opera nuova” è un nuovo passo in avanti nella carriera di Galgani, perché riprende quest’ultimo filone e lo sviluppa in maniera a tratti visionaria. Il visitatore trova quindi le tradizioni della Val di Chiana, gli strumenti agricoli della cultura contadina, che grazie alla reintepretazione galganiana assumono nuova vita e altri significati.

Passato, presente e futuro convivono nella mostra del genovese, perché l’artista assorbe quello che ha intorno, racconta il suo tempo, filtra l’attualità, se stesso e il mondo. Non mancano quindi i riferimenti alla pandemia da Covid-19 attraverso figure tribali e immagini sintetizzate, in cui l’osservatore trova richiami al distanziamento forzato, al virus e alle mascherine di protezione che hanno segnato la vita di tutti negli ultimi anni.

Una grande ripartenza quella di Giulio Galgani, che torna a incontrare il pubblico in attesa dell’uscita di un prestigioso volume monografico edito da Skira, che ripercorrerà le principali tappe di una carriera nel segno dell’eclettismo e dell’originalità.