Roberto Cecchi, responsabile della cardiologia del Centro Chirurgico Toscano, è coordinatore nazionale di Sosan, organizzazione che promuove l’assistenza sanitaria gratuita per gli indigenti, in Italia e all’estero. Grazie a lui e a tanti suoi colleghi, Arezzo è diventata una sorta di capofila del progetto, catalizzando energie e professionalità grazie anche a protocolli d’intesa con assessorati e associazioni di volontariato. “Quando un medico riesce a risolvere un problema di salute a un paziente, guarisce insieme a lui”

Stile di vita sano, alimentazione corretta, esercizio fisico: le cose che fanno bene al cuore, Roberto Cecchi le conosce a menadito. Cardiologo e medico dello sport, è consigliere nazionale e referente aretino di Sosan, organizzazione Lions che promuove l’assistenza sanitaria gratuita per tutti coloro, italiani e stranieri, che ne hanno bisogno e non possono permettersi di pagarla. Prestazioni professionali a costo zero a favore degli indigenti, questo fa il dottor Cecchi insieme a una nutrita schiera di suoi colleghi: un’attività impegnativa, con uno sforzo logistico e organizzativo non indifferente, che però regala soddisfazioni grandi così. E una volta tanto, a trarne beneficio non è solo il cuore dei pazienti, ma anche quello di chi indossa il camice, perché aiutare il prossimo alleggerisce l’anima e mette in pace con il mondo.

“Sosan è nata nel 2003, all’inizio operava soprattutto nel terzo mondo e ha all’attivo circa cento missioni, con visite e interventi chirurgici, distribuite in quattro continenti. Da diversi anni si occupa anche dei nuovi poveri in Italia, visto che c’è un numero sempre più cospicuo di persone che non hanno possibilità di accedere a cure specialistiche. Il servizio sanitario nazionale non riesce a soddisfare il cento per cento delle necessità dei cittadini, le liste d’attesa sono spesso troppo lunghe e allora, quando ne abbiamo modo, interveniamo noi”.

Roberto Cecchi, tra i vari incarichi, ha quello di responsabile della cardiologia del Centro Chirurgico Toscano. Dopo anni trascorsi nella sanità pubblica, adesso è un libero professionista e un catalizzatore di energie. Non è un caso che ad Arezzo le adesioni al progetto Sosan siano molto più numerose, in proporzione, rispetto al resto d’Italia, dove comunque la rete si sta diffondendo in modo capillare. Il merito è soprattutto di quest’uomo con la barba, con l’espressione austera, che parla con il tono fermo (e rassicurante) di chi sa cosa dice.

“Nel nostro territorio ci sono venti medici che offrono la loro esperienza, il loro tempo e le loro conoscenze a beneficio della collettività. Per quanto mi riguarda, non ho velleità personali né l’ambizione di mettermi in vetrina: ho la delega al coordinamento in Italia, mi interessa soltanto dare voce a quest’attività e fare luce su un’associazione che svolge un compito prezioso e apprezzato, con Arezzo che sta diventando una sorta di capofila”.

Ma come è nata l’idea di una onlus di questo tipo e in questo settore? 

“I Lions, per statuto, hanno l’obiettivo di rendere servizi alla comunità. Il resto, compresa Sosan, è questione di sensibilità personale. L’associazione traduce in fatti concreti la disponibilità di tanti medici, con formazioni e specializzazioni differenti, ad aiutare gli altri. Mi rendo conto che siamo una goccia nel mare, ma non esiste un motivo perché questa goccia non ci sia. Per quanto mi riguarda, nella mia vita ho sempre cercato di essere solidale. Ci sono vari modi per farlo: dal sostegno al progetto per l’illuminazione del campanile del Duomo di Arezzo, come ho letto in un recente numero di Up Magazine, all’assistenza medica. Sosan è un bell’esempio su cui accendere i riflettori perché l’intraprendenza che fa grande un territorio può essere declinata in vari modi: oltre a quella degli imprenditori, c’è anche la nostra”.
Sosan ha la base a Ravenna ed è attiva, anche se a macchia di leopardo, in tutta la penisola. Il progetto ruota attorno a reti di studi professionali dei singoli medici aderenti al Progetto Italia e a strutture ambulatoriali organizzate e gestite da Sosan, presso cui prestano la loro opera i medici che hanno offerto la loro disponibilità a Sosan.

Poi ci sono gli interventi in occasione delle calamità naturali. La prima esperienza si è registrata in occasione del terremoto nel centro Italia, con l’istituzione di un centro oculistico mobile ad Amatrice e l’inserimento di volontari in affiancamento dei medici locali. All’estero Sosan ha sottoscritto accordi con le autorità e i ministeri della salute di vari Paesi, con progetti di assistenza agli indigenti e di protezione personale dei medici che partecipano alla missione: Haiti, Ecuador, Brasile, Burkina Faso, Etiopia, Tanzania, Malawi, Madagascar, Afghanistan, India, Togo, Camerun, Uganda. Attualmente sono in atto missioni in Marocco, Moldavia e Albania. In progetto ve ne sono altre in Benin, in alcuni Paesi transcaucasici e dell’Europa orientale.

“L’indigenza della persona da assistere non la certifica Sosan, sarebbe sconveniente. Per bypassare il problema abbiamo firmato convenzioni con assessorati e associazioni di volontariato che operano nel territorio e che ci segnalano i casi da prendere in esame. In provincia di Arezzo collaboriamo con sei Comuni, compreso il capoluogo. Il problema è che gli apparati amministrativi non sempre riescono a intercettare le necessità mediche degli indigenti. A oggi sono risultate più efficaci le associazioni come Casa Thevenin, la Croce Rossa o la Caritas e questo scenario caratterizza tutta l’Italia. I nostri medici, una volta entrati nell’organizzazione, devono rispettare un regolamento e fornire prestazioni complete. Tutto ciò che sono in grado di fare nel loro studio, devono farlo gratuitamente: noi offriamo diagnosi e cura, non screening. Non hanno l’obbligo di essere Lions né di iscriversi a Sosan per partecipare alle attività di servizio: se aderiscono alla nostra organizzazione di volontariato, però, in cambio hanno alcuni vantaggi, tra cui coperture assicurative”.

La linea, dunque, è tracciata, anche se di lavoro da fare ce n’è ancora moltissimo. “Le prestazioni mediche sono meno numerose di quelle che vorremmo, troviamo più facilmente gli specialisti che gli indigenti. Sembra incredibile ma è così. Ho toccato con mano che i nuovi poveri italiani sono difficilmente raggiungibili perché hanno timore, quasi vergogna, a manifestare la loro condizione sociale. In Toscana, non dico in quale città, finché la sede della Caritas è rimasta nel centro storico, accoglieva pochissima gente. Da quando è stata spostata in periferia, in un luogo più appartato, i flussi sono aumentati”.

In Toscana Sosan ha offerto supporto medico soprattutto a immigrati e clochard. Adesso la situazione è cambiata, la platea di chi si trova in una condizione di bisogno si sta allargando e coinvolge fasce di popolazione sempre più ampie.

“Il mio obiettivo è garantire assistenza anche agli italiani che hanno perso il posto di lavoro, a chi non ha più una casa ed è costretto a dormire in macchina. Situazioni drammatiche di questo tipo ce ne sono in tutta Italia, al nord come al sud, e l’invito è quello di farsi avanti, di vincere la barriera del pudore perché c’è chi può tendere una mano e offrire un aiuto. Nel mio lavoro ho dovuto gestire tante situazioni estreme, ma a toccarmi in profondità sono stati i casi di donne che avevano subìto violenza, fisica e psicologica, spesso insieme ai loro bambini. Ne sono rimasto toccato. Mi creda: quando un medico riesce a risolvere un problema di salute a un paziente, guarisce insieme a lui”.

E la politica? Ha mai rappresentato un ostacolo, un freno all’attività solidale di Sosan?

 “No, mai. Le amministrazioni pubbliche, di qualsiasi colore, sono state ben liete di sottoscrivere accordi con noi. Io penso che una risposta sanitaria deve essere efficace a prescindere da chi ne fa domanda e da dove arriva. Il diritto alla salute delle persone è più importante della mia visione del mondo o di quella dei miei colleghi: il principio fondante di Sosan è questo”.