Un’attività arrivata in grande salute fino a oggi grazie a Stefano Brandini Dini, che l’ha ereditata dal padre Carlo per poi modificarne radicalmente approccio, filosofia e politica del lavoro. “Formazione, mai vendite e sempre consulenze, collaborazione all’interno del team sono tre capisaldi imprescindibili. Nel 2026 ci trasferiremo in una nuova sede, giocando di squadra: se le formiche si mettono d’accordo, possono spostare un elefante”

Arezzo, piazza San Michele. La foto di un sorridente Carlo Brandini Dini fa bella mostra di sé all’ingresso di Brandini Assicurazioni. Dentro la cornice appesa alla parete ci sono ricordi e sentimenti che pulsano, legati alla memoria di un uomo che nel 1962 dette avvio all’attività con una di quelle intuizioni che ne hanno caratterizzato il percorso umano e professionale.
“Mio padre non era uno stakanovista del lavoro, piuttosto un amante della vita – racconta il figlio Stefano, che ha raccolto il testimone dell’agenzia per poi farla crescere in modo esponenziale, modificando radicalmente approccio, filosofia e politica del lavoro. All’epoca la Zurigo Assicurazioni cercava profili da inserire e lui iniziò così, rinunciando al posto fisso in banca. Si costruì un portafoglio clienti senza dannarsi troppo, cavalcando l’onda generazionale di quel periodo: era conosciuto in città e questo bastava. Aveva praticato il tennis a ottimo livello, faceva il giornalista grazie ai buoni uffici di Evandro Pomeranzi che l’aveva introdotto nell’ambiente. Ancora ricordo quando il grande Sandro Ciotti veniva a trovarlo in città: quante partite a boccette abbiamo giocato al Circolo Artistico di Corso Italia… E poi mio padre amava il calcio: Azelio Rachini, indimenticato dirigente della Figc, fu come un fratello maggiore per lui. Insomma, aveva a che fare con un sacco di gente. Io sono cresciuto a pane, pallone e polizze. Per certi versi, sebbene con le mie peculiarità, sono stato un clone di Carlo: ho giocato a calcio per 37 anni e fino ai 15 anni ho praticato il ping-pong, arrivando alle nazionali giovanili. Poi 20 anni di Gazzetta dello Sport, un po’ di tv, insomma il dna è quello! Nel 1984 prestai servizio militare a Pistoia, nel 35° Gruppo Artiglieria Riolo. Subito dopo il congedo da caporal maggiore, entrai in agenzia. Avevo 20 anni”.


E qui arriva il primo punto di svolta, perché il rapporto quotidiano con un genitore, in ambito lavorativo, non è così facile da tenere in piedi. Si tratta di una relazione complessa, sempre in bilico tra affetto e questioni professionali. Senza contare che due caratteri forti generano spesso scintille.
“Un po’ andavamo d’accordo, un po’ ci scontravamo. Alla fine il mio babbo, complice anche un rapporto che si era incrinato con la Zurigo, decise di mollare. Successe proprio mentre tanti dirigenti stavano passando ad Helvetia e io decisi di prendere il suo mandato. Si parla del 1990, da lì iniziò ufficialmente la mia avventura professionale in solitaria. Il mondo cominciò a cambiare velocità in quegli anni, in coincidenza con la privatizzazione della Rc auto. Anche grazie a una sorta di master professionale che conseguii a Firenze in un anno molto impegnativo, ma che è poi risultato determinante per la mia carriera, compresi in fretta che avrei dovuto propormi come un consulente globale e non più come un semplice venditore. Stava mutando la sensibilità generale delle persone e delle imprese, erano tutti più attenti ai propri beni. E la tutela assicurativa diventò un pilastro non solo delle aziende, ma anche degli individui”.
Nuove prospettive dunque, approcci diversificati, una clientela da gestire in modo antitetico a quanto succedeva prima.
“Le opportunità si moltiplicarono ma andavano sapute cogliere. È uno scenario valido ancora oggi. La cosa peggiore che può capitare a chi fa questo mestiere non è un cliente che dice no ma un cliente lasciato senza le informazioni indispensabili per la sua vita o la sua attività. Nella mia agenzia ho introdotto una filosofia aziendale imperniata su tre capisaldi che, con il tempo, hanno fatto da cernita. Innanzitutto formazione professionale continua, perché la conoscenza è una chiave universale che apre tutte le porte e ti identifica come un professionista di alto livello. Secondo: mai vendita, sempre consulenza, anche se a volte può significare non chiudere subito un contratto. Questa postura comportamentale con il tempo paga con gli interessi, il cliente avverte attenzione, comprensione e servizio vero, diventando il nostro primo sponsor. Infine, collaborazione all’interno del team: le grandi conquiste si ottengono aggregando le competenze, facendo sistema e dandosi una mano. Oltre a facilitare il raggiungimento dell’obiettivo comune, vengono esaltate le peculiarità del singolo che si sente a pieno titolo uno del gruppo. È ovvio che il collante di tutto è la passione accompagnata da umilità (guai a sentirsi arrivati) e voglia di migliorarsi sempre: io, a 55 anni, mi sono laureato in scienze della comunicazione a Milano, approfittando delle giornate rimodulate dalla pandemia. È stata una vera e propria sfida con me stesso e ne vado fiero”.


Oggi l’agenzia è formata da cinque persone: due partite iva e tre soci fra i quali spicca Marco Piga, esperto in Rc auto e gestione interna, il cui ingresso a fianco di Stefano Brandini Dini risale al 2002. L’attività spazia in ogni settore assicurativo.
“Qui c’è una struttura affidabile, non una singola persona che deve provvedere a tutto:
lo considero un aspetto fondamentale al pari della comunicazione interna intesa come confronto, a volte anche scontro, di opinioni. I momenti di svago, le pause caffè o un brindisi per un bel risultato valgono quanto e più di un contratto firmato. Per me è basilare avere chiaro il quadro psicologico dei collaboratori, al fine di creare con ognuno di loro un rapporto personale che vada al di là del lavoro. Un cliente, alla fine, si acquisisce soprattutto per l’empatia che suscitiamo più che in base a un ragionamento razionale, per quanto sia necessario intercettare le sue effettive necessità. Allo stesso modo un collega partecipa alla causa aziendale quanto più è solido il coinvolgimento emotivo che si riesce a stimolare in lui. Per questo il mio progetto esclude un rapporto da dipendente e datore di lavoro perché molto spesso porta ad accontentarsi e a ristagnare in un mediocre déjà vu, venendo a mancare lo stimolo della sfida quotidiana e la voglia di migliorarsi. Invece noi dobbiamo competere adeguatamente e seriamente in un mercato numeroso, variegato e aggressivo”.
Per avere successo in questo ambito lavorativo servono tre qualità soprattutto, declinate insieme ogni giorno.
“Professionalità, esperienza, competenza sono intrecciate tra loro. Senza una base di economia, di diritto, di psicologia, di pubbliche relazioni non puoi andare avanti. La cultura assicurativa ha preso campo in modo trasversale ed è una fortuna per chi svolge questa attività con scrupolo e rigore. Io, per esempio, lo scorso anno mi sono specializzato nella responsabilità civile ambientale, che per le aziende è ormai un settore imprescindibile, impossibile da trascurare. Ho 60 anni e l’entusiasmo di quando ero un ragazzino: la passione per il lavoro è la benzina che alimenta il mio motore”.
Un passato stimolante, un presente solido, un futuro ambizioso: c’è da progettare il domani in un’era in cui i cambiamenti si susseguono a velocità folle. Intercettare i mutamenti sociali ed economici è basilare.
“Nel 2026 ci trasferiremo nella nuova sede di via Calamandrei con un nuovo asset societario. Ci sarà uno spazio welfare con palestra e una piccola cucina. Ho dato tanto al mio lavoro e tanto ho ricevuto, sempre pensando che decentrare e suddividere le responsabilità fosse la cosa migliore. È arrivato il momento, in certi ambiti, di lasciare ancora più spazio ai miei ragazzi e a qualche new entry. Io resterò al loro fianco, dedicandomi maggiormente alle consulenze ma senza mollare un centimetro. Del resto, c’è un proverbio africano che dice: se le formiche si mettono d’accordo, possono spostare un elefante”.