L’azienda, con sede ad Arezzo, ha acquisito una rilevanza internazionale nel settore della robotica industriale. Affonda le sue radici nella tradizione orafa aretina a partire dall’attività dell’ingegnere Giovanni Mazzini, padre di Marco e nonno di Andrea, oggi fianco a fianco nel segno della continuità generazionale

Dall’oreficeria alla robotica può sembrare un salto quantico, ma il percorso è frutto di un’evoluzione con radici nel territorio e uno sguardo attento all’evolversi della tecnologia fino ai giorni nostri. L’ingegnere Giovanni Mazzini, negli anni ’70, fondò l’azienda Emmegizeta, parte del gruppo Unoaerre, specializzata nella costruzione di macchine per l’oreficeria. Il figlio Marco, ingegnere meccanico, dai primi passi mossi in Emmegizeta ha proseguito il suo percorso professionale come General Manager Italia di una importante azienda multinazionale di robotica, con sede nella Silicon Valley. La collaborazione è proseguita per oltre 25 anni, nel 2002 è stata fondata ARS. Con il brevetto FlexiBowl®, depositato nel 2009, l’attività di ARS ha avuto una svolta decisiva. Alla conduzione dell’azienda si affianca nel 2015 Andrea Mazzini (classe ’90), ingegnere gestionale, figlio di Marco. La continuità generazionale come valore aggiunto, la forza delle radici, la visione, la capacità di interpretare il mercato e rispondere alle sue evoluzioni sono le chiavi del successo dell’azienda. Una visione che si declina bene con i numeri: oltre 35 anni di robotica, più di 40 Paesi serviti, oltre 2.000 FlexiBowl® installati nelle principali catene produttive del mondo. Up Magazine si è fatto raccontare il presente e, soprattutto, il futuro, con epicentro la nostra città.

È fondamentale il rapporto con le scuole del territorio. Accogliamo studenti per i loro percorsi di orientamento

Come e perché nasce ARS Automation?
«ARS Automation, come la conosciamo, nasce nel 2002 in qualità di distributore esclusivo di robot per l’industria nel bacino del Mediterraneo, Grecia, Spagna e Israele, di ADEPT. È proprio da questa esperienza che abbiamo colto e maturato fortemente le importanti competenze strategiche nell’ambito dell’assemblaggio, settore ad altissima variabilità, soprattutto per la grande quantità di prodotti interessati dalle produzioni globali».

Qual è stata l’evoluzione dagli anni Ottanta all’inizio del nuovo secolo?
«Nella nostra evoluzione la continuità è una parola dominante: non abbiamo smesso di occuparci dei passaggi che riguardano tutta la filiera. Alla progettazione di celle industriali continuiamo a offrire installazione, manutenzione e assistenza in ogni fase del percorso».

Quali erano i vostri prodotti di punta?
«Abbiamo distribuito largamente soluzioni capaci di accoppiare sistema di visione e robot fra i più diffusi nel mercato. Da qui abbiamo compreso quanto l’innovazione intelligente significhi competitività in molti dei sistemi logistico-produttivi».

Qual è stata la svolta che vi ha permesso di diventare un punto di riferimento nella robotica italiana e internazionale?
«Ci sono più passaggi fondamentali. Il mercato ci ha guidati verso lo sviluppo di nuove forme di dispositivi di alimentazione di componenti. Come partner tecnologico di processo abbiamo quindi investito in soluzioni flessibili e riprogrammabili che potessero mettere le imprese in condizione di trasformare la loro produzione e acquisire velocità. Il nostro prodotto è la sintesi di questa esperienza, immersiva nelle esigenze di mercato».

Cos’è FlexiBowl®?
«È uno strumento innovativo per alimentare le catene produttive, applicabile a tutte le industrie. Il suo tratto distintivo è la flessibilità, l’alta capacità integrativa e l’importante produttività che offre. Il passaggio dalla meccanica all’automazione apre alle imprese scenari di efficienza e competitività importanti e FlexiBowl® è un prodotto ideato per aiutare questo passaggio. Ci siamo avvalsi dei fondi della Regione Toscana in precise fasi dello sviluppo del prodotto a cui sono seguite fasi di sperimentazione e l’attuale commercializzazione in tutto il mondo».

Ci potete illustrare le sue specificità e il suo utilizzo?
«Le principali caratteristiche di FlexiBowl® sono senza dubbio accrescere la produttività delle imprese che lo adottano e promuovere un uso efficiente del tempo in ogni fase del ciclo produttivo. Il suo uso riguarda sempre l’impresa manifatturiera. Abbiamo puntato sullo sviluppo di una tecnologia che sia facilmente utilizzabile dall’impresa e capace di consentire trasformazione, infatti un suo tratto distintivo è la semplicità di riprogrammazione. Basta inserire il nuovo programma e la macchina è pronta per passare a un lotto successivo».

Quali sono stati gli altri passaggi decisivi nella crescita dell’azienda?
«Nel 2015 ADEPT è stata venduta a un gruppo giapponese, e in quel momento abbiamo deciso di concentrarci sulla produzione di FlexiBowl® che stava già andando forte. Se mi guardo indietro, da mio nonno a mio padre, l’esperienza nella costruzione di macchine industriali è nel nostro DNA da sempre. Da qui partiamo per aggiungere valore, per i nostri clienti, al pacchetto FlexiBowl®. Inoltre, negli ultimi due anni, la pandemia ha fatto prendere coscienza a tutto il settore che bisogna riportare sul territorio le produzioni esternalizzate, per rendere sostenibili tempi e costi. Nel nostro settore, poi, il Covid-19 ha provocato un passo in avanti: legandosi alla logica di evitare contatti e contagi, infatti, l’automazione industriale ha fatto passi da gigante».

FlexiBowl® è uno strumento innovativo che garantisce alle imprese maggiore efficienza e competitività

In quali settori economici avete maggiore penetrazione?
«Automotive, cosmetica, elettronica e meccanica, ma anche giocattoli e prodotti per l’edilizia, le applicazioni sono davvero numerose. Di recente abbiamo visto un’ampia applicazione di FlexiBowl® nel campo dei dispositivi medicali, nel 2021 ad esempio siamo stati scelti come partner tecnologico dal ministero della Difesa statunitense per il confezionamento di kit di test di verifica della presenza del virus».

Sostenibilità aziendale e robotica vanno a braccetto? Se sì, come?
«La transizione ecologica delle imprese, di cui la sostenibilità è uno degli obiettivi, ha molto a che fare con la robotica. L’automazione infatti apre a rilevanti possibilità di efficientamento: dalla prevenzione delle inefficienze a un uso oculato delle risorse fino ad arrivare a una riduzione concreta degli scarti di prodotto. Lo sfidante traguardo della sostenibilità può essere raggiunto anche grazie all’automazione».

Quanto è importante per voi la sostenibilità aziendale?
«Per noi è molto importante. Cerchiamo di attuare scelte non solo relative al prodotto che offriamo ma anche al processo con il quale è generato. Per fare questo ci stiamo accorgendo dell’importanza di includere giovani in ruoli decisionali chiave. Nei giovani ritroviamo una forte capacità di movimento in contesti fluidi e un forte orientamento alla ricerca di un impatto globale positivo. Oggi l’età media in azienda è 30 anni».

Quanto è importante la continuità generazionale?
«L’esperienza e la conoscenza delle origini e delle evoluzioni del settore automazione ci hanno aiutati e ci aiutano nelle scelte strategiche e nelle risposte necessarie al mercato che cambia. Questo è un importante vantaggio. Tre generazioni che si impegnano per far crescere e diffondere dispositivi di automazione hanno sicuramente a che fare con la passione, prima ancora che con la ricerca del profitto».

Avete mai pensato alla figura dell’amministratore delegato e alla quotazione in Borsa?
«Per adesso è un’opzione che non abbiamo preso in considerazione, sebbene alcuni fondi di investimento abbiano manifestato interesse verso la nostra azienda. In futuro potremmo considerare questa possibilità, per il momento è prematuro parlarne».

Qual è il Paese, attualmente, con cui fate gli affari migliori e perché?
«Negli ultimi anni ci siamo rafforzati moltissimo sui mercati esteri. In particolare Europa e Stati Uniti e intendiamo potenziare la rete di vendita in Asia. La nostra rete internazionale è attualmente costituita da cinquanta distributori. Questa presenza capillare ci ha permesso di incrementare la quota export dal 30 al 70/80 per cento nel giro di quattro anni».

Che rapporto avete con le scuole aretine e con la formazione in generale?
«Per noi è fondamentale il rapporto con le scuole secondarie del territorio, soprattutto gli ITIS con specializzazione in robotica e informatica. Abbiamo un costante rapporto con loro e accogliamo in azienda studenti che devono effettuare i loro percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento (PCTO). Siamo partner di progetti europei che vedono il coinvolgimento di istituti di ricerca. Teniamo rapporti costanti con l’università di Siena e Pisa, per progetti di innovazione».

È difficile fare robotica a e da Arezzo?
«Lo è perché ogni business è intrinsecamente legato a un network di persone che permettono di svilupparlo: dall’università ai fornitori, tutti distanti centinaia di chilometri, così come gli aeroporti. Tuttavia, grazie alla tecnologia, viviamo in un mondo interconnesso dove le coordinate di spazio e tempo si sono modificate sostanzialmente e ci hanno permesso di accorciare distanze e tempi relazionali e decisionali».

I vostri progetti per i prossimi cinque, dieci, anni?
«Costruire la nuova sede con ambienti più idonei per staff, clienti, fornitori e avere una superficie produttiva ideale. Investire in nuove figure professionali che possano affiancare i nostri distributori, per seguire meglio il mercato tedesco e quello statunitense. Fare di ARS un marchio di riferimento nel campo della robotica».

In Italia siamo pronti per il futuro?
«Abbiamo aziende d’avanguardia, sia nella robotica che nell’intelligenza artificiale. Abbiamo competenze e risorse ma dobbiamo migliorare la capacità di fare squadra e creare network di distretto per affacciarsi ai mercai internazionali. Adesso è il momento di farlo. I finanziamenti non mancano, ci vuole tempo, dedizione e coesione».

Tre generazioni che si impegnano in azienda hanno a che fare con la passione prima che con la ricerca del profitto