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Un borgo che da secoli fa innamorare i visitatori, con una storia affascinante alle spalle e ricco di risorse artistiche e culturali

UN BALUARDO GUELFO IN TERRA ARETINA

Adagiato sulle colline del versante occidentale della Val di Chiana, il borgo di Monte San Savino da secoli sa come far innamorare chi lo visita.

Nell’altomedioevo, su preesistenze etrusche e romane, si sviluppò l’insediamento fortificato di Ajalta, documentato già dal IX secolo, corrispondente all’inirca all’area dell’odierna Piazza Gamurrini. A poca distanza, dove oggi è Piazza Di Monte, crebbe in seguito un secondo aggregato urbano detto Castiglia. Le due parti erano separate dal leggero avvallamento che corrisponde all’attuale Corso Sangallo.

Durante le lotte tra le fazioni guelfe e ghibelline Monte San Savino accolse a più riprese i fuorusciti aretini guelfi sia nella seconda metà del Duecento, sia nei primi anni del Trecento. I Tarlati, signori di Arezzo, nel 1325 decisero di punire il filoguelfismo savinese con lo smantellamento delle mura difensive. Negli anni a seguire la cinta, che inglobava i due vecchi nuclei urbani distinti, venne ricostruita. Nel 1336 il paese passò sotto il dominio di Perugia, tornando in orbita aretina nel 1380. Tre anni dopo subentrarono i senesi e dal 1384 il territorio fu acquisito da Firenze.

I CIOCCHI DI MONTE. NASCITA E FINE DI UNA CONTEA

Il Quattrocento segnò l’ascesa della famiglia Ciocchi Di Monte, che nel secolo successivo raggiunse l’apice con il cardinale Antonio e suo nipote Giovanni Maria, eletto nel 1550 Papa con il nome di Giulio III. A seguito dell’evento, Cosimo I de’ Medici concesse il borgo sotto forma di contea a Baldovino Di Monte, fratello del pontefice, che governò fino al 1556. Seguì il figlio Fabiano, con cui nel 1569 la famiglia si estinse e il luogo tornò sotto Firenze. Una nuova infeudazione vide passare Monte San Savino sotto gli Orsini dal 1604 al 1640. Nel 1643 divenne feudo di Mattias de Medici, fratello del granduca Ferdinando II.

Sotto l’egida medicea e dal 1737 lorenese il paese seguì le sorti di Firenze e della Toscana fino all’Unità d’Italia.

PORTE, VIUZZE E PALAZZI STORICI PER TORNARE INDIETRO NEL TEMPO

Passeggiare per le strade e i vicoli di Monte San Savino, perdersi nelle piccole borgate del centro storico, percorrere esternamente le mura scandite dai quattro accessi – Porta Fiorentina, Porta Romana, Porta San Giovanni e Porticciolo Guglielmi – è un toccasana per gli occhi e il cuore.

Gli appassionati del medioevo possono ancora trovare tante tracce, come i resti della poderosa fortezza trecentesca, già munita di torri e fossato con ponte levatoio su Piazza Gamurrini. Oggi del complesso fortificato è visibile solo il Cassero, che dal 1989 ospita un museo con ceramiche, tele e sculture di varie epoche, una piccola sezione archeologica e altri ambienti usati per conferenze, mostre temporanee e informazioni turistiche.

Al XIV secolo appartengono anche il Palazzo Pretorio di Corso Sangallo, con gli stemmi di podestà, vicari e commissari che amministravano la giustizia, e la vicina Torre civica provvista di orologio e vela campanaria.

SOGNANDO UNA CITTÀ RINASCIMENTALE

All’epopea della famiglia Ciocchi Di Monte, che mirava a trasformare Monte San Savino in una città modello del Rinascimento, risalgono le armoniose Logge dei Mercanti e l’imponente Palazzo Di Monte. Le prime, attribuite a Nanni di Baccio Bigio, vennero iniziate intorno alla metà del Cinquecento. Il secondo, residenza della potente famiglia e oggi sede del municipio, fu costruito a partire dagli anni Dieci di quel secolo per volere del cardinale Antonio Di Monte. Il progetto, iniziato da Antonio da Sangallo il Vecchio, venne portato a compimento da Nanni di Baccio Bigio.

Dopo aver ammirato il cortile con loggiato al piano terra, attraverso un cavalcavia si può accedere al giardino pensile e al teatro comunale all’aperto, che in estate ospita spettacoli e rassegne musicali.

Altri due importanti esempi di architettura rinascimentale sono Palazzo Galletti e il Palazzo della Cancelleria, entrambi in Piazza Gamurrini, ma per ogni periodo storico Monte San Savino ha delle gemme da mostrare. La Guglia del 1644 in onore di Mattias de’ Medici, la ringhiera sette/ottocentesca di Palazzo Filippi e l’attivissimo Teatro Verdi sono alcuni beni che non passano inosservati.

Nel 2021 il noto designer di gioielli Giovanni Raspini ha restaurato la casa del grande architetto e scultore Andrea Sansovino, trasformandola in atelier e luogo delle meraviglie dove presentare le sue creazioni.

LA COMUNITÀ EBRAICA. UNA STORIA LUNGA 170 ANNI

Quando si parla di Monte Savino un capitolo a parte lo merita la comunità ebraica. Essa si formò nel 1627 e fu costretta ad allontanarsi durante i moti antigiacobini del Viva Maria del 1799. Oggi rimangono il piccolo cimitero, detto Campaccio, e i resti della Sinagoga in cui si trovavano anche la scuola israelitica e l’abitazione del rabbino.

Il complesso religioso, quasi illeggibile a causa di pesanti crolli, mostra ancora la nicchia con cornice destinata a contenere l’armadio sacro per i “Rotoli della Torah” e i resti di tubature da ricollegare alla vasca del “Mikveh”, il bagno rituale purificatorio. La sinagoga si estendeva anche nella vicina abitazione che oggi è privata, detta Casa del trono del rabbino, dove è presente un sedile scavato nella pietra. Da recenti indagini archeologiche esso risulta essere il riadattamento di una tomba ipogea etrusca del V secolo a.C.

La via dove sorge la sinagoga è dedicata al primo ebreo della letteratura italiana, Salomon Fiorentino, nato a Monte San Savino nel 1743.

LE CHIESE SAVINESI, SCRIGNI DI ARTE E FEDE

Accanto al borgo del ghetto ebraico che è una unicità, Monte San Savino vanta un patrimonio di prim’ordine anche per quanto riguarda l’architettura e l’arte sacra cristiana.

In Piazza Di Monte sorge la chiesa di Sant’Agostino, costruita tra il 1343 e il 1356, con la sua facciata in cui spicca il portale gotico ad arco acuto. Tra il 1515 e il 1525 l’edificio fu ampliato su progetto di Andrea Sansovino, ma nuovi interventi ci furono anche nel Settecento. Da segnalare all’interno affreschi, tele e tavole di autori aretini e savinesi che vanno dalla fine del Trecento al secolo scorso. Sopra l’altare maggiore campeggia la bella “Assunzione della Vergine e i santi Agostino e Romualdo” del 1539 di Giorgio Vasari.

Accanto a Sant’Agostino si trova la chiesa di San Giovanni del XV secolo, con lo stupendo portale del Sansovino del 1525, mentre lungo Corso Sangallo è ubicata la pieve dei Santi Egidio e Savino, realizzata nella seconda metà del XII secolo in forme romaniche alterate da successivi rimaneggiamenti. Dal 1851 è sede della Confraternita della Misericordia. La seicentesca chiesa di Santa Chiara in Piazza Gamurrini è invece una sorta di piccolo museo che custodisce capolavori trasferiti da sedi di compagnie e chiese soppresse.

Da ricordare anche la chiesa di Sant’Anna di fine Cinquecento in via Castiglia e la seicentesca chiesa del Suffragio in Piazza San Francesco. In via Cungi si possono infine ammirare la chiesa di san Giuseppe del XVIII secolo e la seicentesca chiesa dell’Immacolata Concezione, appartenente a un ex monastero benedettino.

LA MADONNA DELLE VERTIGHE, PATRONA DELL’AUTOSTRADA DEL SOLE

Chi arriva a Monte San Savino dal casello autostradale della A1 troverà ad accoglierlo la chiesa della Madonna delle Vertighe, il santuario mariano per eccellenza che custodisce al suo interno una piccola abside romanica affrescata con la “Madonna assunta”. Secondo la tradizione è parte di una cappellina traslata miracolosamente il 7 luglio 1100 dalla campagna di Asciano, ma in realtà la chiesa era già citata nella zona nel 1073.

Nel 1228 fu affidata ai camaldolesi, nel Quattrocento venne realizzato il loggiato esterno, mentre al secolo seguente risale l’interno a tre navate, ricco di opere d’arte, a partire dal trittico sopra l’altare maggiore con “La Madonna di Vertighe e quattro storie della Vergine” del 1274-83 firmato da Margarito e Ristoro d’Arezzo.

Dal 1964 la Madonna delle Vertighe è la patrona dell’Autostrada del Sole. Ogni anno, per la festa dell’Assunzione, il santuario affidato alla Fraternità francescana di Betania ospita la tradizionale processione, una fiera e i fuochi pirotecnici che la sera del 15 agosto chiudono i festeggiamenti.

CULTURA, FOLKLORE, BUON CIBO. UN TERRITORIO CHE NON SI FERMA MAI

A proposito di manifestazioni, il calendario savinese comprende eventi letterari, artistici, folkloristici ed enogastronomici conosciuti oltre i confini toscani. L’ultimo sabato di giugno si svolge “La notte del conte Baldovino”, in cui si ricorda l’elevazione a contea nel 1550 di Monte San Savino attraverso un suggestivo corteo in costume. Il paese viene suddiviso in quattro quartieri – Ajalta, Castiglia, Porticciolo e San Giovanni – che gareggiano in alcuni giochi storici come il “giuoco del pallone con il bracciale”.

A settembre è la volta della “Sagra della Porchetta”, dedicata al piatto principe del luogo, per il quale Monte San Savino nel 2010 è entrato nel guinness dei primati con la porchetta più lunga del mondo. L’ultimo fine settimana di novembre è invece il periodo dell’antica “Fiera di Santa Caterina”, detta anche “Fiera dell’equino e dello scaldino col fischio”, in cui il mondo contadino e la tradizione locale per la lavorazione della ceramica si uniscono.

Queste sono le principali manifestazioni popolari che si svolgono nel centro, ma l’intero territorio comunale è attivo tutto l’anno. Come non citare, infatti, Montagnano con la “Sagra della Nana” e il teatro popolare “Il Giogo” oppure Alberoro con la “Sagra del Cocomero” e le distese di frutteti che confinano con il Sentiero della Bonifica.

Le colline del circondario savinese propongono infine tanti percorsi per gli amanti della natura. I panorami indimenticabili sulla Val di Chiana aretina che si scorgono da Gargonza, Palazzuolo, Verniana e Pàstina attendono solo di essere goduti.

Il Cisternone ritrovato
A Monte San Savino si cammina sull’acqua

Con la sua recente apertura al pubblico, il Cisternone sotto al giardino pensile di Palazzo Di Monte sta diventando una vera e propria attrazione turistica.
Si tratta di una grande riserva per la raccolta dell’acqua realizzata nella seconda metà del Cinquecento su progetto di Giovanni di Antonio del Piffero, che garantiva l’approvvigionamento idrico della popolazione assieme ai pozzi del centro storico.
Viene alimentato dall’acqua del cosiddetto “Butarone”, ovvero il torrente Ghisi che serviva anche l’acquedotto ottocentesco di Monte San Savino.
L’interno illuminato, percorribile tramite un camminamento inaugurato nel 2021, è suddiviso in due navate coperte con volte a botte, collegate tra loro da quattro aperture con struttura ad arco a tutto sesto.
Grazie a un passaparola continuo nei social network, il manufatto di circa 400 metri quadrati, secondo per grandezza in Toscana, è ormai un posto irrinunciabile per le foto ricordo di turisti e coppie di innamorati.