Il motto di Massimo Pascale è “credi sempre nei tuoi sogni” e per lui è diventato un vero e proprio mantra. Massimo, 39 anni, lucano di Satriano ma che da diversi anni vive a Subbiano, negli ultimi 4 anni è riuscito a portare a termine alcune imprese sportive, che possiamo definire anche estreme, degne di atleti blasonati. Massimo però è un operaio e gran parte del suo tempo lo dedica al lavoro; la passione e una grande predisposizione per lo sport, per il sacrificio e per la fatica gli permette appena può di salire in sella alla sua bicicletta e partire alla volta dell’ennesima sfida.

Il ciclismo è sempre stata la tua passione? Perché hai deciso di cimentarti in queste imprese?

«In realtà mi piace lo sport in generale proprio perché permette di mettersi alla prova continuamente. La passione per il ciclismo è nata dieci anni fa un po’ per caso. Io nello sport ho sempre cercato la sfida con me stesso e la possibilità di superare i miei limiti. Quando presi la mia prima bici iniziai presto ad annoiarmi dei giri che facevo e per gioco chiesi ai miei colleghi di lavoro fino dove potessi arrivare avendo notato di avere una buona resistenza e uno di loro mi sfidò ad arrivare fino a Sestino, quindi mi misi in sella alla bici e partì da Subbiano. Non avevo mai fatto 180km ma alla fine l’impresa risultò più semplice del previsto e questo mi spinse a provare a fare un ulteriore step e decisi di fare andata e ritorno fino al Monte Amiata. La cosa bella di questo sport è proprio il fatto di dover contare sulle tue forze e poter uscire dalla tua confort zone e amando questa sensazione quello poteva essere solo l’inizio».

Qual è stata la prima grande prova?

«Appunto per gioco ho cominciato a inventarmi queste avventure, la prima è stata nel 2019 quando ho pedalato per la distanza Arezzo-Monte Bianco in 72 ore: 638km, 4600 metri di dislivello in bici e una scalata di 16km con un dislivello di 3100 per portare al traguardo la letterina di mio figlio che allora aveva undici anni. Mi ero proprio inventato questa cosa della “letterina” come stimolo ulteriore a non mollare ed effettivamente ha funzionato, gli avevo promesso che l’avrei letta solo una volta arrivato a destinazione e ogni volta che mi sentivo scoraggiato pensavo a questo. Alla fine sono riuscito a raggiungere l’obiettivo che mi ero prefissato».

Massimo Pascale con il figlio Matteo

Da lì Massimo ha continuato con imprese sempre più straordinarie a cui ha aggiunto uno scopo benefico.

«Nel 2021 in 4 giorni e 12 ore ho coperto una distanza equivalente a scalare quattro volte l’Everest con 753 km e 36.432 di dislivello e solo 7 ore per dormire scalando il Monte Lignano per ben 184 volte. Sono partito poco sotto la zona del parco di Rigutinelli, e sono salito fino al passo appunto per 184 volte (2 chilometri ad ascesa ogni volta con un dislivello vicino ai 200 metri), in tutto 753 Km, 107 ore, appena 7 ore di sonno fra sabato e mercoledì. Tra l’altro in discesa, vista la strada sconnessa, non c’era modo di recuperare fra un’ascesa e l’altra. Al mondo solo in due avevano fatto questo ma con un dislivello inferiore rispetto a quello che avevo io. Grazie agli sponsor sono anche riuscito a guadagnare una bella cifra che poi ho devoluto all’ospedale pediatrico Meyer di Firenze».

Quali altre sfide sei riuscito a portare a termine?

«Sempre a scopo benefico è stata poi la volta nel 2022 Arezzo-Monte Rosa in 55 ore, per 581km con 4.500 di dislivello più una scalata 14 km con 2.800 metri dislivello per aiutare un padre nella lotta a una malattia genetica molto rara nel progetto Mitofusina 2. Sempre nel 2022 Arezzo-Gran Sasso in 21 ore no stop 310km con un dislivello di 3.600 più una scalata di 10km con 800 metri dislivello».

Raccontaci la tua ultima avventura.

«L’ultima avventura è molto recente, circa un mese fa sono partito dal mio paese di origine in Basilicata ed in meno di 10 giorni sono arrivato sotto la Tour Eiffel in Francia. In pratica da torre a torre, da quella di Satriano alla più famosa torre parigina. Anche in questa nuova impresa il mio obiettivo era continuare ad alimentare il mio sogno di superare sempre nuove sfide ma anche riuscire a dare nuovamente un contributo, anche se piccolo, all’ospedale Meyer infatti ho portato con me la maglietta di raccolta fondi del progetto Mitofusina 2. Fisicamente è stato molto impegnativo in quanto per percorrere gli oltre 2000km dovevo fare delle tappe di oltre 200km e stare sulla bici 10-12 ore ogni giorno. Il meteo non è stato molto clemente soprattutto i primi giorni, e questo ha reso il tutto più duro, però con me avevo mio figlio Matteo, che è venuto a supportarmi in camper insieme ad un altro accompagnatore e che è riuscito a darmi la forza per non mollare. Un ringraziamento speciale va poi sicuramente a Fernando Donati titolare della Open World Travel di Arezzo che anche quest’anno ha creduto in me e in quello che faccio».

Quindi… quale sarà il prossimo viaggio?

«In realtà ancora non lo so, c’è sempre qualcosa che bolle in pentola ma per il momento non so scegliere tra tutte le cose che mi piacerebbe fare».