Uno scrigno naturalistico unico in Europa che ospita geositi di pregio scientifico, ambientale, paesaggistico e una ricchezza speciale di flora e fauna. Trentaseimila ettari di verde a cavallo fra Toscana ed Emilia Romagna, con le faggete vetuste che fanno parte del patrimonio mondiale dell’Unesco. La giornata internazionale delle foreste, celebrata il 21 marzo, ha rimesso in primo piano il ruolo degli alberi per la vita del pianeta e un obiettivo, quello della lotta ai cambiamenti climatici, non più rimandabile

Trentaseimila ettari di verde fra Toscana ed Emilia Romagna, a cavallo fra le province di Arezzo, Firenze e Forlì-Cesena. Il parco nazionale delle foreste casentinesi è il solo in Italia costituito per l’85 per cento da foresta, con una ricchezza di biodiversità senza confronti nel vecchio continente. La sua posizione geografica, lungo la linea di confine fra clima alpino e mediterraneo, favorisce la convivenza di circa quaranta specie vegetali che solitamente non stanno insieme. E in autunno la varietà dei colori è uno spettacolo cromatico replicato solo in certe zone del nord America.
Nel 2017 le faggete vetuste del parco e la riserva integrale di Sasso Fratino (la prima istituita in Italia nel 1959) sono addirittura entrate a far parte del patrimonio mondiale dell’Unesco. Un riconoscimento che, al di là del prestigio, certifica il valore naturalistico di una foresta ineguagliabile per vetustà e qualità: in Italia l’altezza media delle piante è di 14 metri, in Casentino arriva a 45.

Luca Santini, presidente del parco delle foreste casentinesi

“Per questo la chiamiamo foresta a tre piani” scherza Luca Santini, 57 anni, ex assessore, vicesindaco e sindaco del Comune di Stia, dal 2013 presidente dell’ente parco. “Quando penso che i nostri faggi hanno 500 anni, mi emoziono. C’erano già quando Michelangelo, Piero della Francesca, Giorgio Vasari firmavano le loro opere dedicate a questo territorio”.
La riserva, da sempre, ha ispirato i grandi artisti ed è stata una calamita culturale di eccezionale spessore: Dante ha citato la cascata dell’Acquacheta nel XVI canto dell’inferno della Divina Commedia, il poeta Dino Campana ha raccontato il suo pellegrinaggio casentinese, fisico e metafisico, nei Canti Orfici. Ed è impossibile dimenticare due luoghi di alto valore spirituale situati all’interno del parco come il Santuario della Verna, dove San Francesco ricevette le stimmate nel 1224, e l’Eremo di Camaldoli, ognuno con un rispettivo complesso forestale.
Il sito è speciale anche per la ricchezza e varietà faunistica. L’elevata estensione dei boschi, specialmente quelli di alto fusto, la presenza di molte piante di notevoli dimensioni e di differente età, l’esistenza di ambienti diversificati e di tipologie vegetazionali differenti, lo rendono un territorio ottimale per la presenza e diffusione della fauna selvatica. Vi abitano cervi, daini, caprioli, cinghiali, mufloni, lupi. Ricchissima pure l’avifauna: nidificano nel parco un centinaio di specie, tra cui aquile reali, gufi reali e falchi pellegrini, oltre a una ventina di specie tra anfibi e rettili.

la cascata dell’Acquacheta, citata da Dante nella Divina Commedia

Nel 1998 sono stati censiti i geositi di pregio scientifico, ambientale e paesaggistico. Grazie a questo lavoro, aggiornato negli anni successivi, sono stati individuati 86 siti: cavità naturali, rupi con stillicidio, affioramenti assolati impreziositi dalla presenza di flora rupicola, ma anche cascate e ristagni d’acqua.
I circa 600 chilometri della rete sentieristica zigzagano tra faggi, aceri, frassini, olmi, tigli, ornielli e agrifogli, con la flora costituita soprattutto dalle oltre mille specie erbacee, di cui solo 48 sono alberi e arbusti. Luoghi privilegiati di studio e approfondimento sono l’arboreto “Siemoni” a Badia Prataglia e il giardino botanico di Valbonella a Corniolo.
Nell’area l’uomo ha vissuto e lavorato per secoli, come testimoniato dai numerosi ruderi e borghi abbandonati: vi sono tracce di insediamenti etruschi e delle vie che utilizzavano i pellegrini nel medioevo per arrivare a Roma, con testimonianze del fitto scambio di relazioni culturali e commerciali tra Romagna e Toscana, filo conduttore di tutte le epoche.
Durante l’anno all’interno del sito si possono organizzare escursioni a piedi, in mountain bike, a cavallo e, in inverno, con gli sci da escursionismo. Approdo naturale per escursioni e visite di approfondimento degli istituti scolastici, il parco è costantemente oggetto di tirocini, tesi di laurea e borse di studio. Inoltre una delle finalità dell’ente è quella di promuovere la ricerca scientifica finalizzata alla conservazione del territorio.

Sembra un paradosso, ma nonostante le foreste siano il punto d’equilibrio del pianeta, qua e là nel mondo vengono mutilate e rase al suolo con una dabbenaggine mortifera. Per sensibilizzare l’opinione pubblica, l’Onu ha dovuto istituire nel 2012 una giornata internazionale dedicata all’importanza degli alberi. La ricorrenza cade il 21 marzo di ogni anno e somiglia a un campanello d’allarme che suona ciclicamente in modo sinistro. Anche se, a onor del vero, qualche progresso s’intravede in fasce trasversali di popolazione: sta crescendo la consapevolezza che più verde c’è, sulla Terra e nelle agende politiche dei governi, e meglio si sta. Non sarà ancora la svolta decisiva verso il Green Deal ma è un primo passo avanti per raggiungere la neutralità climatica, obiettivo che l’Europa ha fissato per il 2050 e che obbliga ciascuno di noi a modificare punti di vista, priorità e abitudini.
Le piante, oltretutto, migliorano invecchiando ed è una ragione in più per tutelarle. Santini spiega: “Un anno di vita di un uomo ne vale sette di un albero, è una proporzione da tenere sempre a mente. E non va dimenticato che la foresta svolge un ruolo fondamentale per l’alimentazione delle falde acquifere, stabilizza il terreno, contrasta il dissesto geologico. Inoltre assorbe anidride carbonica in grandissima quantità. Un faggio vetusto ha importanti capacità antismog perché smaltisce circa 70 chili di Co2 all’anno, pari alle emissioni di sette automobili. Più passa il tempo, inoltre, più aumentano biodiversità e biocomplessità: ogni albero diventa parte integrante di un ecosistema articolato e la foresta prende forza. La natura va salvaguardata”.

un cucciolo di capriolo all’interno del parco

C’è poi un altro aspetto da considerare, tutt’altro che trascurabile. Per il territorio aretino, il parco svolge una vitale funzione di volano turistico. Poco meno di mezzo milione le presenze registrate nel 2019, con un indotto di circa 45 milioni di euro.
“Il trend è costantemente in crescita. E il riconoscimento dell’Unesco ci ha proiettato all’interno di nuovi e consistenti flussi turistici. Noi comunque continuiamo a dare impulso alle nostre attività: appena sarà possibile e le normative anti covid ce lo consentiranno, inizieremo la sperimentazione per testare gli effetti benefici dei bagni di foresta sull’uomo. In Giappone e in altri Paesi questa pratica terapeutica è già corroborata dai dati scientifici: trascorrere alcuni giorni in ambienti a grande concentrazione di alberi, stimola le risposte immunitarie e favorisce una sensibile diminuzione della pressione e dello stress”.
Nella home page del sito internet del parco, si legge: “Entra e respira. Lascia il resto in città, tanto qui non c’è posto per clacson, smog o affari. L’unica cosa che conta, abbracciati e protetti da queste mura d’alberi, è la vita”. Tre righe che sono il manifesto di un gioiello naturale straordinario e un cazzotto in faccia alla società di oggi. Arrivare alle emissioni zero nell’atmosfera, arginare i cambiamenti climatici, è un obiettivo non più rinviabile. Ci saranno dei costi cui fare fronte, ma è l’unica strada. E i trentaseimila ettari del parco sono lì a ricordarcelo.