La sua voce graffia, i suoi occhi bucano, il suo sorriso accarezza. Camilla Gianni, con i suoi ventiquattro anni e come molti suoi coetanei, ha dentro un mondo, fatto di valori, emozioni e cicatrici. Un mondo che difende con le unghie e con i denti, ma che, al tempo stesso, ha voglia di raccontare, cosa che altrimenti fa con la musica e le sue canzoni: That feeling, December, Sbaglierai con me (un rap estivo) ed Egitto; quella che più delle altre la rappresenta, un racconto dell’amore vero, dedicato a quello degli adoratissimi nonni, Angiolino e Serafina. Perché se c’è una cosa che viene a galla, intervistando Camilla, in arte Kame, sono i tanti, troppi, luoghi comuni con i quali certi media raffigurano i giovani, stanchi di essere raccontati per ciò che non sono, stanchi di un Paese che non li rappresenta e stanchi, soprattutto, di non essere ascoltati, soprattutto da chi fa finta di interessarsi a loro.

Camilla Gianni

Nata l’8 agosto del 1996, come Dustin Hoffman, Lucia Annunziata e Roger Federer, Camilla è figlia unica di Massimo, noto giornalista aretino. Diplomata a quello che una volta si chiamava P.A.C.L.E., linguistico aziendale, ha sempre avuto fame d’indipendenza, ma non solo: «Non sapevo se continuare a studiare oppure no. Un po’ ero spaventata, credevo di non essere abbastanza preparata per continuare e quando scegli lo devi fare bene, perché non si può tornare indietro una volta che ti laurei. Una parte di me, inoltre, desiderava ardentemente l’indipendenza, soprattutto economica, e così ho fatto alcune esperienze lavorative: ho gestito, da sola, una gelateria a Pieve al Toppo, ho fatto il servizio civile per Koinè e sono stata stagista alla Conad; unendo a tutto ciò il volontariato come scout ai campi solari per bambini organizzati dalla parrocchia. Cosa ho imparato? Che senza una laurea oggi trovare un lavoro decente è difficile e che con 500 euro il mese, o poco più, non puoi costruire niente. Noi giovani non siamo tutelati, non ci vengono offerte opportunità reali. Ho anche pensato di fare qualche esperienza all’estero perché in questo Paese non mi sento né rappresentata né tutelata», ma di ciò parleremo più avanti.

Così Camilla è andata all’università di Arezzo, Scienze dell’educazione e della formazione per diventare educatrice sociale: «Prima ho voluto conoscere la realtà del nostro territorio, poi ho pensato bene a cosa volevo fare. Prendere una laurea è una scelta importante che definisce chi la fa e di conseguenza la sua vita futura. Così mi sono chiesta cosa volessi fare. Volevo vendere qualcosa alla gente? No, io la gente la voglia aiutare, voglio lavorare nel sociale e così ho fatto la mia scelta. Ho scoperto, innanzi tutto, un’università di grande valore, alla quale noi aretini non diamo la giusta importanza, conoscendo ragazze che vengono qui da tutta Italia. All’inizio non sapevo come sarebbe andata, se era un vestito adatto a me, poi ho scoperto che mi piace studiare e con ottimi risultati. I professori sono bravi, con alcuni di loro ho legato molto, e le lezioni interessantissime. Infine, ho trovato un mondo fatto di persone così variegato e articolato che mi ha aiutato ad aprire la mia mente ancora di più, su vari temi. Sono stata di mentalità sempre aperta, ma il confronto, gli incontri, le discussioni hanno affinato ancora di più questa parte di me. Il razzismo e l’omofobia, per esempio, si possono combattere così, oltre che con lo studio». Un percorso che a metà luglio terminerà con la laurea magistrale.

musica classica

Parla Camilla e le sue parole non sono mai banali. Parla di sé, della sua vita, e la musica diventa quasi uno scrigno nascosto, da custodire, da difendere e da riprendere, con forza, prima possibile. Perché in questa passione pulsa forte il cuore di Kame, una passione che è sbocciata quando era piccola: «Cantavo dappertutto, cantavo sempre e adoravo la chitarra, sognavo di cantare suonando, come fanno gli scout. Quando avevo cinque anni i miei stavano rifacendo casa e hanno comprato i mobili di una nota azienda nordeuropea, regalandomi una piccola chitarra: sono impazzita dalla gioia. All’inizio non sapevo bene cosa farci poi ho preso lezioni di chitarra classica e quando ho cominciato a maneggiarla bene mi sono divertita agli scout, fino a quando sono usciti alcuni miei video sui social. Inizialmente ho realizzato delle cover su Facebook e quando le visualizzazioni hanno raggiunto numeri importanti ho deciso di iniziare a scrivere cose mie, fino a realizzare dei video e registrare a Torino. Sono molto critica sul mio lavoro, per adesso ho scritto quattro canzoni, ma le prime due le trovo un po’ banali, mentre Sbaglierai con me, per esempio, è un testo prettamente estivo. Poi mi sono fermata perché l’università prende tanto tempo e a me piace fare una cosa alla volta, bene. Spero con il lavoro di raggiungere questa benedetta indipendenza economica e dedicarmi con maggiore intensità al mio progetto musicale. Le canzoni mi aiutano a raccontare quello che ho dentro, è stato così fin da piccola, perché puoi fingere quanto vuoi ma, prima o poi, i sentimenti escono fuori. L’esempio è Egitto, la canzone dedicata a quello che, per me, è l’amore vero, quello dei miei nonni materni (quelli paterni, purtroppo, non ho fatto in tempo a conoscerli bene) cui sono legatissima; Serafina compirà 99 anni a giugno. Sempre mano nella mano, baci, carezze anche da anziani, senza contare l’amore incondizionato per me. Sono nel video della canzone, così il loro ricordo resterà per sempre e me li sono tatuati pure sul polpaccio. Ho continuato a scrivere canzoni ma devo aspettare, voglio avere la testa giusta e il tempo necessario per farlo; tra laurea, tesi e tirocinio gli ultimi mesi sono stati molto impegnativi. Scrivo ciò che sento, senza limiti, e non voglio essere categorizzata in generale e nemmeno come cantante, rap, musica leggera, quella classica, dipende dallo stato d’animo, da quello che voglio tirare fuori in quel preciso momento».

tatuaggio

Camilla, come detto, è figlia di Massimo, noto giornalista aretino («quando andiamo fuori insieme lo fermano tutti per chiedergli di fare una punta su questo o su quello»), un rapporto d’acciaio raccontato dai rispettivi social, quando non è facile essere figlia, o figlio, di: «Poco tempo fa è stato scippato del cellulare e sotto l’articolo che raccontava il fatto c’erano commenti vomitevoli, per lo più di persone di destra. L’hanno attaccato per la sua attività di comunicazione politica e per le sue prese di posizione, come per il Ddl Zan. E visto che starsene con le mani in mano non cambia le cose, ho scritto un post anch’io, rispondendo a modo punto su punto, anche se le parole altrui mi hanno rovinato la giornata. C’è chi pensa che mi abbia aiutata in qualcosa, ma ho sempre fatto tutto da sola, non ho mai voluto una mano, soprattutto a livello musicale. Ho delle potenzialità? Ecco, allora voglio essere sicura che tutto ciò che otterrò l’avrò ottenuto grazie al mio impegno e non grazie a qualcos’altro. Non è facile passarci sopra, ma bisognerebbe lasciar perdere cosa pensano gli altri di noi. Per fortuna, con mio padre ho un rapporto bellissimo, lui è una persona speciale che mi è sempre stata accanto anche quando ha saputo della mia relazione con una donna. Ha lottato con me, al mio fianco, non è mai intervenuto nelle mie scelte e mi ha lasciato libera di esprimermi. Forse non tutti lo stanno comprendendo, ma queste sono le nostre priorità, la nostra è una generazione aperta e in continua evoluzione. Siamo un Paese fatto da tante persone diverse e vorrei che l’Italia diventasse un posto in cui tutti possano sentirsi a proprio agio, altrimenti è inutile lamentarsi dei giovani che vanno a vivere e lavorare all’estero».

Camilla e Massimo Gianni

A Camilla le etichette non piacciano, soprattutto in amore: «È un sentimento più grande di qualsiasi categorizzazione. Però, se dovessi dirti chi sono, io sono lesbica perché sto con una ragazza, mi vedo bene con lei oggi e in futuro, poi fra trent’anni chissà. I miei genitori? Per fortuna sono aperti e intelligenti, così fare coming out è stato naturale, anche se mia madre all’inizio ha avuto qualche reticenza sull’argomento. Il momento più bello è stato il Gay Pride in piazza Sant’Agostino, 10mila persone, mio padre che è salito sul palco, fiero di me, e la mia canzone, December, sparata a palla: è stato un momento emozionante, che non dimenticherò mai». Essere lesbica, appartenere alla comunità Lgbtqia+, non è solo essere semplicemente sé stessi, in Italia significa militanza, militanza per ottenere riconoscimenti civili e dei propri diritti, anche all’esistenza: «Il Ddl Zan è fondamentale per tutte le persone omosessuali, trans e disabili. Non riguarda solo la violenza, ma sarebbe uno strumento di prevenzione fondamentale per essere tutelati. Le aggressioni sono continue e di ogni tipo solo perché una donna ama un’altra donna o un uomo un altro uomo, senza contare cosa accade ai disabili. Ecco l’approvazione del Ddl Zan, per me, rappresenterebbe un passo avanti verso un mondo più giusto. Ci sono Paesi molto più avanti di noi e continuo a pensare che se le cose non cambieranno potrei anche andarmene». Pure Fedez è intervenuto sull’argomento ricordando le 300mila firme che chiedono la calendarizzazione del Ddl Zan al Senato e questo porta a un’altra considerazione, non solo di Camilla: «Per fortuna sono tante le persone che vogliono cambiare questo Paese e chiunque appoggi le cause della comunità Lgbtqia+ è ben accetto. Un’alleanza tra le forze migliori della società, in ciò vedo la speranza di un mondo migliore, evitando il rischio di chiudersi in una bolla». Perché, se qualcuno ancora non se n’è accorto, i giovani hanno perso la pazienza e non è solo per come sono stati e sono trattati in questo periodo di pandemia, non è solo per i lockdown (giusti e giustificati dai numeri dei contagi), non è solo perché tra scuola e università sono state solamente pedine del dibattito politico senza esserne protagonisti, no. Loro vogliono un mondo, veramente, nuovo, più giusto ed equo.

pop

In questo l’informazione e la politica hanno il loro peso, anche se Camilla non ha una grande fiducia verso alcuna delle due: «Girano molte fake news su vari argomenti, per questo è necessario leggere più fonti, più articoli, pubblicati da siti diversi. Vale lo stesso per la politica, o meglio: questo modo di fare politica. Probabilmente è la sfiducia generale dei giovani verso gli adulti, però se si vogliono cambiare le cose bisogna impegnarsi in prima persona, non ci possiamo lamentare e poi restare sul divano, anche perché così facendo lasciamo alle generazioni più anziane il potere, continuo, di decidere cosa è giusto e cosa no. Alle ultime amministrative mi sono presentata nella lista Arezzo 2020, in appoggio al candidato del centrosinistra Luciano Ralli. È stata un’esperienza molto bella, peccato che non l’ho potuta vivere appieno per gli impregni universitari, ma è stata importante. È l’idea che se vuoi cambiare le cose nel posto in cui vivi ti devi spendere in prima persona, devi metterci la faccia, prendere posizione, scendere in piazza. Io mi faccio sentire e non ho paura di farlo e credo che in futuro ci possano essere esperienze simili che mi vedranno impegnata». Dove l’impegno è anche amore per Arezzo, per la propria città, da piazza Grande al Prato, fino a Sant’Agostino, senza dimenticare il Casentino, meta preferita d’estate: «Arezzo è una città bellissima, ma credo che necessiti di un cambiamento, non solo politico. La frequento con il mio gruppo di amici e amiche, lo siamo da tanti anni, è un rapporto profondo e siamo legati come fratelli e sorelle. Siamo cresciuti con le nostre idee, accogliamo tutti e non escludiamo alcuno, ci aiutiamo sempre fra di noi. Quando hanno offeso mio padre con i commenti sotto quell’articolo una delle mie migliori amiche è intervenuta a darmi manforte. Siamo alleati e vogliamo cambiare il mondo». E da qui a dieci anni? «Non lo so dove sarò. Io sono una lottatrice, ma se le cose non dovessero cambiare potrei decidere di lasciare Arezzo e l’Italia. Per stare qui ho bisogno di sentirmi sicura e rappresentata. In fondo la felicità si racchiude in poche parole: l’amore, gli amici, la famiglia e i miei cani. Questo è il mio ideale di vita, non mi serve altro». Con la musica e l’impegno civile a farle da ali. Così è Kame, se vi pare.