In un mondo che corre tra ansie, relazioni complesse e sfide quotidiane, il lavoro di Simona Mannini è guidare le persone a ritrovare equilibrio e fiducia nella propria vita
Simona Mannini è psicologa e psicoterapeuta con una solida esperienza clinica. Il suo approccio, basato sulla psicoterapia breve strategica, non si limita a risolvere i problemi: osserva i circoli viziosi che li mantengono e li trasforma in percorsi virtuosi. Per Simona, ogni persona porta con sé risorse preziose, spesso invisibili anche a chi le possiede, e il compito della terapia è aiutarla a scoprirle, ritrovare equilibrio e fiducia, senza perdere di vista la vita quotidiana, le relazioni e il benessere globale.
In che cosa la psicoterapia breve strategica si distingue dagli approcci più tradizionali?
La psicoterapia breve strategica è orientata al sintomo e alla soluzione concreta del problema, con una tempistica più breve rispetto alla terapia tradizionale. Partiamo dall’osservazione delle “tentate soluzioni disfunzionali”: quei comportamenti che le persone mettono in atto per risolvere un problema, ma che finiscono per mantenerlo o peggiorarlo. Il nostro lavoro consiste nel ribaltare questo circolo vizioso e trasformarlo in un percorso virtuoso. Per farlo, utilizziamo protocolli personalizzati, calibrati sulla persona e sul disturbo specifico. L’approccio è versatile.
Come si struttura il suo studio a Montevarchi?
Il mio studio è pensato come un luogo in cui la persona può trovare supporto a 360 gradi. Lavoro con altre figure professionali: due psicoterapeute – una specializzata in infanzia e adolescenza – due psichiatri, una nutrizionista e un medico. Questo permette di affrontare i problemi in maniera multidisciplinare, con un lavoro di equipe che arricchisce ogni percorso terapeutico.
Ha esperienze pregresse che influenzano il suo approccio?
Assolutamente sì. A Firenze ho lavorato in contesti clinici complessi fin da subito dopo gli studi, accanto a un professionista di fama interazione come il professor Stefano Pallanti, che mi hanno dato una formazione approfondita anche sulla parte farmacologica dei disturbi. Non prescriviamo farmaci, ma conoscere a fondo questi aspetti è fondamentale per avere una visione completa del paziente. Inoltre, l’esperienza mi ha insegnato l’importanza di una cura olistica: il benessere è legato a stile di vita, alimentazione, attività fisica e relazioni.
Quali disturbi osserva più spesso nel territorio?
I disturbi alimentari sono tra i più delicati e complessi. Spesso iniziano in adolescenza e possono cronicizzarsi rapidamente: il binge eating e alcune forme di bulimia sono oggi molto comuni, legati a modelli culturali di discontrollo. Poi ci sono i disturbi legati alle dipendenze – internet, gioco d’azzardo, shopping compulsivo – e disturbi d’ansia sempre più diffusi. Osserviamo come i problemi evolvano con i tempi: ritmi frenetici, iperconnessione e iperstimolazione hanno modificato i sintomi e le modalità con cui emergono.
Come fa la sua terapia a valorizzare le risorse delle persone oltre ai problemi?
Per anni chi andava in psicoterapia si concentrava principalmente sui problemi, sugli aspetti che non funzionavano nella vita della persona. La nuova psicoterapia positiva invece punta anche a far emergere le risorse e le risposte che ciascuno ha già dentro di sé. È un lavoro terapeutico più equilibrato: non si tratta solo di affrontare ciò che non va, ma di valorizzare ciò che funziona, ciò che dà forza. Questo permette alle persone di sentirsi più protagoniste del proprio cambiamento e di costruire soluzioni concrete partendo dai propri punti di forza.
Il suo libro “Fra la gravità e il cielo” riflette la sua visione terapeutica?
Il libro non è un manuale terapeutico, ma un modo per raccontare storie di vita che riflettono il mio approccio alla psicologia. Racconta di persone che affrontano incidenti, amori, amicizie, e che imparano a reintegrarsi nella vita più volte. Il filo conduttore è la capacità di restare ancorati alla realtà e al presente (gravità), coltivando sogni realistici (cielo).
Quali differenze riscontra tra la terapia a Firenze e a Montevarchi?
Credevo che lavorare in una città piccola potesse essere un limite, perché tutti si conoscono, ma in realtà è stato un valore aggiunto. Le persone si aprono più facilmente, percepiscono familiarità e fiducia. Il Covid ha poi contribuito a rompere barriere e oggi i pazienti si sentono liberi di esprimersi senza timore.
Quali differenze ci sono tra terapia online e in presenza?
Per i giovani non c’è più differenza: l’efficacia è simile. Io, personalmente, preferisco gli incontri di persona, ma ho anche pazienti all’estero o in altre regioni. La distanza non è un ostacolo quando c’è fiducia e impegno reciproco.
Quali difficoltà riscontra oggi tra ragazzi e famiglie?
Oggi i genitori faticano a farsi rispettare e a essere punti di riferimento stabili. Famiglie separate, impegni di lavoro e la presenza dei nonni che suppliscono spesso alle assenze creano nuove dinamiche. Anche la tecnologia complica i rapporti: smartphone e mondo virtuale offrono strumenti utili, ma rischiano l’abuso. Temi fondamentali come la sessualità e l’uso consapevole della tecnologia restano spesso tabù, e nelle scuole non vengono affrontati, aumentando il senso di disorientamento dei ragazzi. Sarebbe invece molto utile introdurre, all’interno del percorso scolastico, anche solo un’ora a settimana dedicata alla prevenzione, all’educazione affettiva e alla sessualità: uno spazio protetto e guidato in cui i giovani possano confrontarsi, acquisire strumenti e crescere con maggiore consapevolezza.













