Esperta e mentore in comunicazione. Sul suo profilo Facebook c’è scritto così, ma non rende minimamente l’idea di chi sia Nicoletta Consumi, casentinese di origine, con radici profonde a Montemignaio, fiorentina di nascita e svedese d’adozione. Chi la segue sui social lo fa per sentirsi meglio, per interagire con una persona simpatica, empatica e positiva in ogni momento, bello o brutto, facile o difficile, un toccasana in un ambiente che rasenta spesso la tossicità: un vocabolo che nella vita di Nicoletta non ha cittadinanza. Ed è proprio lì, dentro le mura di Montemignaio, castello appartenuto ai Guidi, che c’è ancora la casa di famiglia, quella per le feste e le domeniche tutti insieme. Lo zio, sul camino, ha dipinto lo stemma dei Consumi, una ‘fotografia’ che Nicoletta ha sempre negli occhi, a maggior ragione adesso che vive a tremila chilometri di distanza: «Da adolescente davo tutto per scontato, facevo fatica ad accettare di andare in Casentino, adesso invece sento forte il richiamo delle radici. Mi mancano le passeggiate in Pratomagno, all’Uomo di Sasso. Mi mancano le montagne, qui in Svezia è tutto laghi, betulle, e Mar Baltico. Ricordo che, tra le altre cose, mio padre ha contribuito a costruire gli scudi di legno, poi dipinti in maniera certosina, per l’annuale Festa nel Castello. Per me Montemignaio oggi è quel piccolo angolo di Paradiso che ho adorato nella mia infanzia».

Montemignaio

Mamma siciliana, Rosaria per tutti Rina, babbo casentinese, Fulvio, disegnatore meccanico adesso in pensione, Nicoletta, laureata in Storia, è sempre stata affascinata da quella della sua famiglia, imparentata con Savonarola: «Il predicatore estense scriveva che nel recarsi a Roma si era fermato alla Consuma dove c’erano alcuni suoi parenti, ma all’epoca lì c’erano solo i Consumi, appunto. Consumi che sono originari di Ferrara e che dovettero ricorrere all’esilio dopo avere partecipato a una congiura contro Borso d’Este (figlio illegittimo di Niccolò III d’Este, ndr)». Un’altra figura importante per Nicoletta è la nonna paterna, Agnese Mugnaini, che conobbe nonno Consumi nei boschi, perché erano famiglie di carbonai. Parte della famiglia è nel viterbese perché durante la guerra si erano trasferiti nella selva del Lamone per il legno da ardere: «Quella di mia nonna Agnese è per me una figura evocativa. Credo di avere ereditato il DNA del commerciante proprio da lei, tipicamente casentinese e aretino. Era il motore della famiglia ed è sempre lei che ebbe l’intuito di lasciare il carbone, negli anni Cinquanta, per aprire un negozio di vestiti per bambini, rivenduto per poi aprire una latteria in via Vittorio Locchi, a Firenze, dove si ricordano ancora di mia nonna. Credo di avere preso da lei il senso degli affari. Agnese ha lasciato la montagna per Firenze, io ho dovuto lasciare l’Italia per la Svezia, per iniziare la mia impresa», un’impresa che le sta dando grandissime soddisfazioni.

Suo marito e compagno di vita è Christian, italosvedese conosciuto a Firenze e sposato a New York, una storia nella storia: «Per il suo quarantesimo compleanno andiamo nella Grande Mela. Eravamo al sedicesimo piano del Bryant Park Hotel, tra la Quinta e Times Square. Lui si inginocchia e tira fuori l’anello: “Se mi dici sì ci sposiamo in quarantott’ore”. Aveva già ordinato le fedi nel Diamond District, la cerimonia è durata qualche minuto, davanti a una donna di colore del municipio di New York, con il nostro amico Raffaello che viveva lì da dieci anni, il quale ci ha fatto da testimone e fotografo: ci sono dodici foto di quel momento, tra cui in video in cui il vikingo (è così che Nicoletta chiama suo marito, soprattutto sui social, ndr) ride e io piango», un pizzico di follia che nella vita non guasta mai e poi Nicoletta di una cosa era sicura, non voleva il vestito bianco e non l’ha avuto. In compenso ha avuto molto di più.

Montemignaio

«Io e Christian siamo due persone ambiziose, parola che in Italia sembra quasi una bestemmia. Così nel 2012 ci siamo trasferiti in Svizzera, lui dopo dieci anni al Pignone lavorava per la 3M e io mi guardavo intorno. Alla fine abbiamo messo in cantiere nostra figlia Sara, che adesso ha sette anni, e poi siamo tornati in Italia per riflettere sul nostro futuro. Così abbiamo deciso di andare in Svezia e oggi abitiamo a trenta chilometri da Stoccolma, di fronte al mare, dove ci sono centinaia di isole caratteristiche che si affacciano sul Baltico. Alle spalle mi ero lasciata una collaborazione con La Nazione, occupandomi di spettacoli e conoscendo un sacco di persone, e quella con Il Reporter, giornale del Quartiere 5, oltre a uno studio di comunicazione che avevo messo in piedi insieme con una collega. Avevo fatto le magistrali e anche qui tornano i legami familiari: sia mia zia materna che mio nonno materno erano degli insegnanti, lei italiano ai francesi, lui matematica. Com’è stato sbarcare in Svezia? Una rivelazione. Innanzitutto lo svedese è meno complicato dell’inglese ha vocaboli derivanti dal latino e, pure, dal francese, perché l’attuale monarchia discende da Jean-Baptiste-Jules Bernadotte, generale di Napoleone divenuto re di Svezia con il nome di Carlo XIV Giovanni e Carlo III Giovanni di Norvegia. Inoltre s’impara alla scuola statale gratuita per stranieri, aperta a tutti coloro i quali arrivano nel Paese», un po’ alla Checco Zalone, soprattutto, dice Nicoletta, quando trova ristoranti che hanno l’ardire di cucinare italiano.

Oggi Nicoletta tiene corsi di italiano e comunicazione alla Folkuniversitetet, università privata di Stoccolma, corsi con liste di attesa lunghissime che ne certificano il successo. Tanto da decidere di mettersi in proprio anche come consulente con un sito dedicato, migliorabilita.it, sul quale si possono frequentare, privatamente con Nicoletta su Zoom, corsi di copywriting, abilità di vendita, personal branding, autostima per libere professioniste, scrittura creativa e inglese: «È incredibile. Sono venuta via dall’Italia per tanti motivi. Il primo è che quando fai un lavoro creativo c’è l’assunto che non debba essere pagata ed è stato il motivo principale, quello che mi fa dire che non tornerò più. Il secondo è che le donne non si aiutano né valorizzano a vicenda. In Svezia, invece, io sono stata premiata proprio da una donna. È lei che mi ha ingaggiata per insegnare italiano agli svedesi in quanto cultrice della materia e in possesso di un certificato per insegnarlo agli stranieri. Ma non si è fermata lì. Ha guardato attentamente il mio curriculum e mi ha chiesto se me la sentivo di tenere pure corsi di comunicazione. Da quando ho aperto la mia attività collaterale, inoltre, ho tanti clienti italiani e mi faccio pagare profumatamente, chi l’avrebbe mai detto. È una questione culturale, qui c’è la religione protestante, qui l’individuo è responsabile delle proprie azioni e se hai i numeri ottieni ciò che desideri. Poi c’è un aspetto che alcuni conoscono ma molti non considerano attentamente. Noi italiani siamo molto preparati, la nostra formazione scolastica, checché se ne dica, è ottima e il nostro livello culturale è eccellente. Abbiamo capacità comunicative e psicologiche superiori alla media e tutto questo arriva. All’estero ce lo riconoscono e riconoscono anche l’esperienza maturata al di fuori dei percorsi formativi. Siamo unici e, fuori dai nostri confini, più amati di quanto crediamo o vi raccontano. Siamo i discendenti di Michelangelo e Leonardo e quando facciamo bene le cose arrivano i complimenti, oltre che l’adeguata retribuzione. Posso dire di avere trovato in Svezia la mia zona di comfort e non c’è stato mai un momento di scoramento, di dire: mollo tutto e torno in Italia».

Migliorabilità

Nicoletta possiede un bank id, un’identità digitale, legata al conto corrente, che le permette l’accesso a tutta una serie di servizi, dalla pubblica amministrazione, agenzia delle entrare compresa, ai suoi commercialisti, caricando le fatture e potendo controllare il loro lavoro: «Faccio tutto con questa (dice, mostrando orgogliosamente lo smartphone su Meet, ndr). Una volta mi sono recata con un’ora di anticipo all’agenzia delle entrate, quando mi hanno vista fuori ridevano e poi mi hanno spiegato che rispondono anche al telefono e che la fila non c’è mai. Dal punto di vista burocratico la Svezia è avanti anni luce l’Italia e qui, poi, tutti pagano le tasse, altrimenti è una vergogna sociale. Il risultato? Servizi efficienti e inclusivi», insomma una qualità della vita che molti sognano e agognano.

Certo, in tutto questo, la famiglia e Montemignaio sono lontani. Skype resta così l’unica soluzione per accorciare le distanze, soprattutto in periodo pandemico, gestito in maniera diversa e contrastante rispetto all’Italia: «Qui non ci sono stati lockdown (dieci i milioni di abitanti, ndr), mascherine e restrizioni, ma al tempo stesso lo smart working non è ostracizzato, qui nessuno pensa che se stai a casa non lavori, anzi, e nessuno si sognerebbe di ridurti lo stipendio per questo: è vergognoso, al riguardo, ciò che leggo dell’Italia», Christian per esempio lavora da casa, oggi per un’azienda nel settore dell’IT, dopo averne cambiate diverse, perché anche la mobilità lavorativa, verso posizioni migliori, è un’attitudine sconosciuta da noi.

Per scoprire Nicoletta è bastato il suo profilo Facebook: «I social? Sono come una terapia, senza prendersi troppo sul serio. Se volete fare due risate e risparmiare i soldi della psicologa seguite il profilo Consumi (ride, ndr). Sono una persona empatica e faccio questo lavoro perché voglio trasmettere la mia conoscenza agli altri, voglio dare valore aggiunto. Inoltre, cerco di trovare sempre il lato simpatico in ogni situazione, anche nella tragedia devo trovare quello positivo: è questa la benzina che mi fa andare avanti. Ovviamente mi piace comunicare, mi piace tantissimo, e anche prendermi in giro. Se mi devo trovare un difetto direi che sono troppo puntigliosa, ma ci sto lavorando».

Montemignaio

In ogni percorso c’è un momento in cui ci si guarda indietro, nel quale si tirano le somme, come durante un’intervista: «Se sono arrivata fino a qua è grazie allo studio continuo, alla determinazione e a quello spirito imprenditoriale ereditato completamente dalla mia famiglia. Nella vita bisogna trovare dei mentori, non delle raccomandazioni, ma persone che credano in te e ti valorizzino, allontanando chi invece ti vuole tirare giù. Se ripenso a me adolescente nessuno mi dava due lire, a scuola non ero nemmeno tanto brava. Eppure quando incontro i miei ex compagni di scuola, quelli bravi, soprattutto, hanno fatto una brutta fine. Per arrivare bisogna conoscere se stessi, capire quali sono i nostri punti di forza e valorizzarli al massimo. Cosa direi alla Nicoletta quindicenne? Vai avanti, non ti preoccupare, andrà tutto bene».

Gli occhi di Nicoletta brillano, la sua voce suona, la sua risata riempie di vita. E dietro tutto questo c’è un mondo che speriamo di essere stati capaci a raccontare.