Una carriera da pallavolista iniziata da giovanissimo quella di Andrea Rossi: con i suoi 2,04 m di altezza il giovane casentinese classe 1989 ha girato buona parte dell’Italia per giocare in importanti squadre di serie A. Una famiglia di campioni la sua, avevamo già parlato del fratello minore Davide campione di Freestyle ma anche Andrea non è da meno, infatti, grazie anche alla sua altezza elevata, ha potuto fare della sua passione per la pallavolo un lavoro che lo ha portato ad avere grandi soddisfazioni.

Perché proprio la pallavolo?

«Io sono cresciuto a Pratovecchio Stia, un comune piccolino della provincia di Arezzo e alle scuole medie ero già piuttosto alto, in terza media raggiungevo già quasi il metro e novanta. Molti dei miei compagni di classe vedendo la mia altezza hanno iniziato a consigliarmi di provare a giocare a pallavolo nel palazzetto del paese dove gioca la squadra storica del paese l’Arnopolis. Quindi ho iniziato così, un po’ a caso potremmo dire, seguendo gli amici, come spesso succede a quell’età. In realtà non avevo questo grande interesse per questo sport, era più una scusa per stare insieme ai miei compagni e divertirmi. Chiaramente la mia altezza ha fatto la differenza. Il primo passo verso la mia futura carriera in questo sport c’è stato di lì a poco, qualche tempo dopo aver iniziato a giocare è venuto in visita ad una partita della squadra un signore, Giuliano Lisi (quello che ha scoperto tra gli altri Alessandro Fei uno dei più famosi giocatori della Nazionale Italiana) scomparso purtroppo lo scorso anno, che era un selezionatore provinciale e regionale e vedendomi così alto si è subito interessato a me e mi ha fatto alcuni allenamenti personalizzati. Poco dopo tramite lui sono stato inserito in un gruppo di atleti selezionati della provincia di Arezzo e abbiamo iniziato un percorso, una rappresentativa provinciale, seguita da quella regionale che ci ha portato ad arrivare alla Nazionale Pre-Juniores, in pratica le giovanili della Nazionale Italiana».

Come è cambiata la tua vita da quel momento?

«Naturalmente tutto questo ha comportato il mio trasferimento prima ad Arezzo e successivamente a Cuneo. Il mio esordio è stato appunto in serie C ad Arezzo nella stagione 2005-2006 e dopo mi sono trasferito a Cuneo dove ho giovato nelle giovanili, Cuneo infatti era una realtà importante per le giovanili a livello italiano. Dopo tre anni di giovanili ho iniziato la mia carriera professionistica nella pallavolo girando diverse squadre: Cuneo nella Bre Banca Lannutti, a Mantova con la Canadiens, nella Gherardi Svi di Città di Castello, nella Top Volley di Latina e Siena con la Emma Villas Aubay. Il primo anno da professionista ho iniziato a giocare in serie A2, poi ho fatto quattordici anni di Super Lega intervallato però, lo scorso anno, da un anno appunto in serie A2 nel Siena».

Qual è il tuo ruolo?

«Sempre stato “Centrale”, dal primo giorno che ho messo piede in palestra. Il mio primo allenatore mi disse proprio “tu sei alto e farai il centrale”. Chissà, con il senno di poi avrei potuto avere un altro ruolo ma magari non sarei neanche arrivato a questo livello».

Come è stato essere catapultato fin da giovanissimo nel professionismo?

«Non è stato per niente semplice anche perché era veramente un mondo del tutto sconosciuto per me, non c’era nessuno con cui potermi confrontare perché non conoscevo nessuno, non c’era un amico, un familiare, un parente che potesse guidarmi. Era tutta una realtà nuova e quando a sedici anni mi sono trasferito a Cuneo, quindi nel Nord Italia, lontano da tutti e da tutto quello che conoscevo, cambiando scuola e di conseguenza compagni ed amici, mi ricordo che i primi mesi non sono stati per niente semplici. Poi piano piano cresci e tutto cambia. Naturalmente è stata un’esperienza che mi ha fortemente formato perché chiaramente ti fa uscire dalla tua confort zone. Ad oggi sono molto felice della scelta di mettermi in gioco e allontanarmi da così giovane da quella che era la mia quotidianità».

Qual è stata in tutti questi anni l’esperienza che ti è rimasta più impressa?

«Ne ho diverse in realtà ma forse quella che mi è rimasta più impressa, ma perché mi ha lasciato maggiormente l’amaro in bocca, è stata quando abbiamo perso la finale di Champions League con la Bre Banca Cuneo nel 2013 contro una squadra Russa, il Lokomotiv Novosibirsk, eravamo a giocare in Siberia a Omsk, abbiamo perso al tie break dopo due ore e dodici minuti di gioco 14-16. È stato veramente brutto perché poteva essere un risultato storico incredibile. Nel complesso comunque è stata un’esperienza unica e irripetibile. Altre soddisfazioni importanti invece sono arrivate a Latina con la Top Volley: il mio primo anno siamo arrivati in semifinale ai Playoff, riuscendo persino a buttare fuori l’Associazione Sportiva Volley Lube (al tempo di Macerata), con una serie di partite incredibili. Sono sicuramente stati dei momenti che non dimenticherò mai. Ma devo dire che in generale tutti gli anni lasciano qualcosa, sia a livello di squadra, di gruppo, sia a livello di soddisfazioni sportive».

Quali sono secondo te le caratteristiche che possono aiutare nell’intraprendere una carriera sportiva nella pallavolo?

«Eh naturalmente nella pallavolo se non hai una certa altezza parti sicuramente svantaggiato anche se non è escluso che tu possa arrivare in serie A anche se non hai un’altezza strabiliante però naturalmente devi compensare con doti di elevazione o potenza. Ma secondo me la caratteristica principale è la costanza nel saper affrontare le difficoltà, i momenti difficili, senza abbandonare il percorso senza rinunciare ma credendo fermamente che il lavoro alla fine possa premiare e dare soddisfazioni. Io in primis ho dovuto affrontare momenti brutti ma mi riconosco il merito di non aver mai mollato e aver creduto nel lavoro che stavo portando avanti. Purtroppo vedo spesso in molti ragazzi giovani che pur avendo delle doti importanti non riescono ad affrontare i momenti bui e si lasciano sommergere facendo anche molti passi indietro».

Progetti per il futuro?

«Sto per laurearmi in Economia infatti sto proprio ora lavorando alla tesi di laurea ed è per me un motivo di grande soddisfazione perché ho iniziato questo percorso universitario molto tardi a 29 anni anche perché mi stavo rendendo conto che mi stavo avviando verso la parte finale della mia carriera sportiva e purtroppo non è semplice rimanere nell’ambito sportivo. In realtà non so bene cosa farò una volta che mi sarò ritirato ma ancora ho un po’ di tempo per pensarci».