Da tre generazioni la famiglia Menchetti sforna prelibatezze nel cuore della Toscana. La forza della passione, il fascino della lentezza: una storia semplice ed emozionante iniziata nel piccolo forno di Montagnano e narrata adesso attraverso 11 punti vendita, 350 dipendenti e oltre 100 quintali di pane al giorno. Ma la ricetta rimane quella di sempre

Farina, acqua, sale, lievito e poco olio. Il pane si fa così. Da sempre. Pochi ingredienti, quelli semplici. Poi maestria, pazienza e tanta passione. Perché il re della tavola pretende devozione, sacrificio, impegno. E pretende anche la giusta attesa. Ma, quando viene tolto dal forno e spezzato con le mani, ripaga con il profumo antico che si insinua nei dolci ricordi di ciascuno. Lo sa bene Santi Menchetti. Una vita dedicata a sfornare pane, una vita con le mani in pasta e il sorriso stampato sul volto.

“Bisogna riscoprire il fascino della lentezza. Dobbiamo riconquistare la quiete, la riflessione, la creatività, il benessere. Ritrovare il gusto di saper aspettare. Non possiamo permetterci di lasciar fuggire le emozioni, vanno assaporate a piccoli morsi”.

I primi ricordi del piccolo Santi sono su una bicicletta arrugginita. Ha 7 anni: sotto il sole, con la pioggia o con la neve, percorre le campagne di Montagnano per il giro di consegna. Anche 15 chilometri in poche ore e, ogni giorno, una zona differente da battere. La sua è una famiglia di commercianti dai tempi dei nonni Bidio e Grazia. I Menchetti hanno una bottega in paese, è un punto nevralgico per la piccola comunità: il pane viene acquistato e poi distribuito alle famiglie. Nel primo dopoguerra, l’attività si espande. “Fummo i primi a comprare una televisione nella zona e tutti in paese si recavano alla nostra bottega per vederla. Avevamo anche una sala da ballo”. Ottavia, detta Pierina, la madre di Santi, decide di produrre pane in un locale dietro casa. E’ un operaio di Rigutino a insegnare alla famiglia il mestiere e, a soli 14 anni, Santi diventa un fornaio provetto. Il fratello Angiolo invece si occupa del giro di consegne. La bicicletta si trasforma in un’Ape e presto in un furgone con il quale raggiungere facilmente anche gli spacci di Arezzo.

Nel frattempo, a Montagnano, apre un altro forno, quello della famiglia Basagni. Nipote del proprietario e futura erede dell’attività concorrente, è la bella Santina. Santi non ci mette troppo tempo a notarla durante le passeggiate in centro la domenica e, nonostante sappia che le famiglie sarebbero contrarie alla relazione, inizia a frequentare la ragazza di nascosto.

“Andavo a trovarla la notte nei 20 minuti di tempo che avevo fra un’infornata e l’altra. Avevamo paura a dichiarare i nostri sentimenti ai genitori e ci accontentavamo di quei meravigliosi momenti rubati. Ricordo che quando tornavo a lavorare dopo essere stato con lei, volavo. Poi, una notte di primavera, corsi da Santina senza avvisarla e mi infilai sotto le coperte, come ero abituato a fare. Ma in quel momento lei era a sfornare i dolci con la zia e aveva mandato suo fratello a riposarsi nel letto. Lui si voltò verso di me e domandò “hai fame?”. Provo ancora imbarazzo quando ci ripenso. Corsi in paese da Santina ma non riuscivo a raccontarle cosa fosse successo. Quante risate!”.

I venti minuti non bastano più per saziare quell’amore così dolce e profondo e Santi chiede a Santina di sposarlo. Al matrimonio viene invitato tutto il paese. Nel forno Menchetti, sotto l’occhio vigile di Pierina, si opera a ritmi serrati. Santina viene coinvolta nei turni e neanche quando nascono i due figli Corrado e Marco ha modo di rallentare.

“Non appena sposati – ricorda sorridendo Santina – mi disse che avremmo lavorato qualche anno per poi dare tutto in affitto e campare di rendita. Ma questo non è solo un lavoro, è la nostra passione, la nostra vita”. Anche oggi Santina vigila sulla pulizia e l’igiene dei locali per poi andare al bancone, a quel diretto contatto con le persone che è ciò che la gratifica di più.

Presto anche i due figli Corrado e Marco vengono ingaggiati e a loro vengono affidati compiti ben precisi. “Mi faceva tenere aperto lo sportello del furgone durante le consegne – spiega, divertito, Corrado. Non sto scherzando, quella era la mia mansione. Passavo ore seduto nel cassone a evitare che l’anta si chiudesse fra una fermata e l’altra, altrimenti avrebbe potuto usurarsi”.

Nonna Pierina tiene tutti in riga e fa viaggiare la carovana nella stessa direzione. Ma quando lei muore, il collante principale viene a mancare e fra i cugini emergono alcuni attriti.

“Semplicemente – racconta Corrado – avevamo visioni diverse sul futuro delle imprese e non riuscivamo a trovarci d’accordo. Ognuno aveva la sua ricetta. Così un giorno, durante una consueta riunione, presi coraggio e dissi chiaramente cosa pensavo: desideravo dividere le attività. Fu un momento difficile, avevo paura di spaccare la famiglia ma, soprattutto, temevo la reazione di mio padre. Se lui avesse insistito per restare insieme, non avrei potuto far altro che andarmene. Invece, dopo lunghi attimi di silenzio, si voltò verso mio zio – che era adirato – e gli disse che avrebbe sostenuto me, suo figlio, in qualsiasi decisione”.

E’ l’ottobre del 2005. La vecchia bottega, nel frattempo, è diventata un supermercato. Poi si sono aggiunti un hotel e un ristorante. Il patrimonio di famiglia viene equamente diviso in due buste sigillate dalla commercialista: da una parte il forno e i terreni, dall’altra tutto il resto.

“Anche il mio cuore era diviso in due – ricorda Santino – perché io avevo investito tanto anche nelle altre attività ed ero affezionato a tutte. Ovvio che il pane aveva un posto speciale nella mia vita, mai avrei voluto separamene”. Le due buste restano sul tavolo senza che nessuno ne afferri una. A quel punto è Marco a rompere gli indugi e scegliere il destino di tutti.

“Ero il più giovane, forse il più incosciente o il più spavaldo. Anzi, semplicemente il più curioso. Aprii la busta, lessi il contenuto e guardai mio padre negli occhi. Lui era una corda di violino, non smetteva di agitare la gamba. Gli dissi “lo volevi? Ecco il tuo forno”. Adesso possiamo dire che fu una scelta fortunata”.

L’audacia, la perseveranza e i valori dei differenti volti della famiglia Menchetti hanno plasmato il marchio che è oggi: 11 punti vendita, 350 dipendenti, oltre 100 quintali di pane al giorno e più di 3600 basi per pizze. L’ampio stabilimento a Cesa, a pochi chilometri da Montagnano, permette di produrre qualità ed efficienza. I locali distribuiti fra Toscana e Umbria, sono accoglienti, dinamici, senza età, con un’attenzione particolare al design degli spazi e una precisa identità. Punti di ritrovo confortevoli dove riappropriarsi del tempo e delle relazioni. Il personale è selezionato accuratamente per garantire un servizio d’eccellenza. Requisiti indispensabili? Cortesia e sorriso.

“Credo siano le persone uno dei punti di forza del nostro brand – afferma Corrado – insieme alle materie prime che selezioniamo con scrupolo. Tutti prodotti nazionali che, per essere scelti, hanno dovuto passare il nostro severo giudizio”.

“Rispetto della tradizione, artigianalità, lievitazione naturale sono i tre capisaldi a garanzia costante della qualità e genuinità dei nostri prodotti”, aggiunge Marco. Per affermare tutta la filiera di produzione “dal campo alla tavola” e per valorizzare la tradizione del territorio toscano, Menchetti, nella sua società agricola biologica coltiva il grano verna che adesso copre il 70% del fabbisogno aziendale. Ma nell’azienda vengono prodotti anche olio, vino e frumento. Massima attenzione viene data all’ambiente attraverso energie rinnovabili e scelte green: 500 kilowatt di fotovoltaico sul tetto, recupero delle acque piovane e furgoni a metano.

Prossima frontiera sono le basi per pizze surgelate da lanciare su vasta distribuzione.

“Un dipendente preparò le basi pizza per il compleanno della figlia. Quella sera, a causa di un imprevisto, la festa venne annullata e lui mise le basi già pronte in congelatore. Dopo due mesi le tirò fuori e preparò le pizze. Quando mise in bocca il primo morso mi chiamò entusiasta per dirmi che era squisita, quasi meglio dell’impasto fresco. Così abbiamo iniziato la produzione”.

Attualmente, all’interno dell’azienda, Corrado si occupa di commerciale, finanza e strategia d’impresa e Marco degli acquisti e della selezione e gestione dei dipendenti. Con Santi, ovviamente, a visionare e coordinare il lavoro. “Di solito – spiegano i due fratelli – i giovani sono rampanti e intraprendenti. Noi invece siamo quelli che teniamo le briglie, che dobbiamo contenere, in qualche modo, la traboccante energia di nostro padre”.

Ma la storia non si ferma e già è pronta la nuova generazione Menchetti.

“Ognuno però deve seguire la propria strada, senza imposizione alcuna – conclude Santi – E’ la passione che ci ha sempre guidato. E la poesia. Quella, per esempio, che riusciamo a leggere in un impasto fatto a regola d’arte”.

NEW OPENING A SANSEPOLCRO

Dopo Cesa, Arezzo, Calenzano, Foiano, Perugia, Siena, Montemurlo, Pieve al Toppo, San Giovanni Valdarno e Scandicci, è stato da poco inaugurato un nuovo punto vendita di Menchetti in provincia di Arezzo. Il 12 ottobre infatti è stato tagliato il nastro per il negozio di Sansepolcro, in via Senese aretina al civico 102. Un locale aperto dalla mattina presto per le colazioni e che prevede un’ampia offerta ristorativa anche per pranzo e cena. Ovviamente non possono mancare i prodotti che hanno reso famoso il brand Menchetti come pane, pizze, focacce e biscotti da forno.

RISCOPRENDO IL GRANO VERNA

Un’antica varietà di origine toscana, molto apprezzata in passato per le sue caratteristiche di grande rusticità e il basso contenuto proteico. Prende il nome dal monte Verna dove veniva coltivata dai frati casentinesi. Poi è stata dimenticata perché meno produttiva rispetto alle varietà moderne. Correvano i primi anni del 2000 quando la famiglia Menchetti decise di investire e puntare sulla produzione di grano Verna. L’idea nacque da un incontro con Pietro Pagliuca, allora direttore del Consorzio agrario di Siena e il progetto venne sviluppato in stretta collaborazione con il professor Stefano Benedettelli del dipartimento di Scienze delle produzioni agroalimentari e dell’ambiente dell’università di Firenze. “Siamo stati fra i primi a credere in questa varietà di grano tenero che noi maciniamo a pietra. Questo – spiega Marco – consente di mantenere il germe di grano all’interno del prodotto finito e preservare una grande quantità di vitamine e minerali. E’ naturalmente ricco di fibre e presenta una bassa quantità di glutine. Può migliorare le funzionalità digestive e il benessere delle persone con intolleranze verso il frumento”.