È uno dei luoghi più belli d’Italia. negli anni ha spesso cambiato veste ma la combinazione perfetta di stili architettonici differenti continua a stupire e affascinare tutti coloro che la visitano.

Un insieme imponente. Parola di viaggiatore.

“Dietro S. Maria della Pieve la splendida Piazza Grande: su di essa, l’abside della chiesa medesima, la graziosa facciata del palazzo della Fraternita, le logge del Vasari costruite nel 1573 dallo stesso artista, aretino di nascita, e infine la statua del granduca di Toscana Ferdinando III, opera di Stefano Ricci datata 1822, costituiscono un insieme davvero imponente”.  Con queste parole il francese Eugène Müntz, uno dei più grandi storici dell’arte del’Ottocento, descriveva Piazza Grande durante un viaggio del 1897.

Da allora quella che è considerata una delle piazze più belle d’Italia è cambiata molto, ma la combinazione di stili architettonici che sorprendeva i viaggiatori del Grand Tour e quelli che per vari motivi visitavano Arezzo, continua ancora oggi a lasciare senza fiato il turista.

Le origini della piazza

Nell’alto medioevo, con la città quasi relegata nel colle di San Donato, dove oggi è Piazza Grande c’era un grande slargo inclinato, subito fuori le mura, utilizzato per il mercato. Con l’ampliamento della cinta cittadina, alla fine del XII secolo, l’area divenne una vera e propria piazza, la platea communis, dove ci si incontrava per fare scambi commerciali, parlare di politica o assistere a eventi.

Lungo il perimetro, molto più sviluppato di quello attuale, si trovavano già edifici importanti, come il Palazzo Vescovile su via Seteria e la Pieve di Santa Maria Assunta con la sua parte absidale. Altri furono realizzati nel corso del Duecento, come il Palazzo del Comune del 1232 e il Palazzo del Popolo del 1278. Questi ultimi due non li vediamo più, perché subirono la mannaia medicea nel 1539, dato che ostacolavano la visuale dalla costruenda fortezza. Nel XIV e XV secolo Piazza Grande continuò nella sua evoluzione con l’aggiunta di nuovi edifici pubblici e privati.

Le Logge, magnifico sipario sulle glorie medievali

Il 19 luglio 1572 Giorgio Vasari venne incaricato dalla Fraternita dei Laici di progettare un nuovo edificio, il cosiddetto Palazzo delle Logge.

I lavori iniziarono nel 1573 ma l’anno dopo il più grande pittore, architetto e storiografo aretino del Cinquecento morì.  La realizzazione venne terminata, sotto la direzione di Alfonso Parigi, nel 1595. Il fabbricato ridusse la piazza a nord-est, trasformandosi in un elegante sipario tardo rinascimentale calato sulla vecchia cittadella medievale. Nel loggiato trovarono posto varie botteghe e un passeggio vietato alla “plebaglia”. Nel 1670 si pensò di elevare un edificio simile per il lato opposto di Piazza Grande, ma il Magistrato fiorentino negò il permesso.

Di fronte alle Logge, nel 1822 fu collocata la statua di “Ferdinando III di Lorena” di Stefano Ricci, trasferita in cima a Piaggia di Murello nel 1932. Al suo posto venne posizionato il “petrone”, ovvero una riproduzione della colonna infame alla quale in passato si legavano i condannati, per esporli alla berlina.

Un teatro per Arezzo

Trovandosi a Firenze al servizio di Cosimo I de’ Medici, Vasari fu influenzato dal fermento culturale che, agli inizi del 1573, portò alla nascita della Camerata de’ Bardi e di conseguenza a quella del melodramma. Quando ricevette l’incarico di progettare le Logge, incluse all’interno dell’edificio anche un teatro, al quale si accedeva dal Praticino o, nel caso dei rettori della Fraternita dei Laici, dal camminamento sopraelevato che univa la loro sede al nuovo edificio.

Il luogo per gli spettacoli fu rinnovato tra il 1740 e il 1742 dall’architetto Alessandro Saller. Tra Settecento e Ottocento cambiò più volte nome: Teatro Grande, Regio, Imperiale, dei Concordi e La Fenice. Nel 1867 cessò la sua attività e nel 1871 divenne Corte d’Assise. Negli ultimi anni è stato convertito in spazio polifunzionale per eventi espositivi e musicali.

La sede della Fraternita dei Laici, una mirabile fusione di stili

Spostandoci sul lato nord-occidentale della piazza, incontriamo il Palazzo della Fraternita dei Laici, sede di un’istituzione sorta nella seconda metà del XIII secolo, che, da allora, è sempre stata un punto di riferimento della città in ambito sociale, assistenziale e culturale. Il nuovo edificio di rappresentanza venne iniziato nel 1375. La facciata fu affidata a Baldino di Cino e Niccolò di Francesco, ma nel 1377 i lavori si fermarono alla prima cornice sopra gli archi per mancanza di risorse. Tra il 1395 e il 1396 Spinello Aretino affrescò il portale con il “Cristo in pietà tra Maria e San Giovanni dolenti”.

Nel 1410 morì Lazzaro di Giovanni di Feo Bracci, ricco mercante aretino, che lasciò tutto i suoi averi alla Fraternita. Le risorse permisero la ripresa della costruzione. A progettare il secondo piano fu chiamato nel 1433 Bernardo Rossellino, che per la facciata realizzò, assieme ai collaboratori, il bassorilievo della “Madonna della Misericordia con il Bambino, tra i protomartiri Lorentino e Pergentino”, affiancata da due edicole con le statue di “San Donato” e del “Beato Gregorio”. Gli interventi proseguirono fino al 1461. Con il secondo ordine, concluso dal ballatoio di Giuliano da Settignano, si giunse a una fusione straordinaria del già esistente impianto gotico con il nuovo linguaggio rinascimentale.

Nel 1549, su disegno di Giorgio Vasari, venne inserito il campanile a vela che accolse l’orologio astronomico di Felice Salvatore da Fossato del 1552.  La facciata dell’ampliamento verso la pieve fu invece eseguita nella seconda metà del Seicento.

Nel 1786 parte della struttura divenne sede del Tribunale o Ruota civile. Negli ambienti rimasti liberi la Fraternita collocò in periodi differenti la libreria, la Scuola libera di disegno e modellatura e le raccolte di antichità e storia naturale. Agli inizi del secolo scorso l’intera struttura fu adattata a luogo di giustizia, finché del 2008 gli uffici giudiziari vennero trasferiti in una nuova sede. Dal 2010 il palazzo è diventato una sede museale, arricchita anno dopo anno da tesori e sale tematiche. Tra le opere custodite alcune ci mostrano le trasformazioni della piazza nei secoli, come ad esempio il “San Rocco” di Bartolomeo della Gatta del 1479 e una settecentesca “Veduta di Piazza Grande”.

La Pieve, madre vegliarda del popolo aretino

Anche se la facciata e l’accesso principale sono nella parte alta di Corso Italia, con la sua suggestiva abside la Pieve di Santa Maria Assunta è a tutti gli effetti uno degli edifici di Piazza Grande.

La chiesa battesimale urbana, “madre vegliarda” secondo una definizione di Angelo Tafi, che le dedicò anche un volume monografico, sorse tra il V e il VI secolo, ma fu ricostruita nel IX secolo e ancora nel 1150 in stile romanico. Gli interventi proseguirono anche nel secolo successivo e portarono in dote i bassorilievi dei portali, il “Ciclo dei Mesi”, capolavoro scultoreo policromo, e la facciata suddivisa in un ordine inferiore di cinque arcate cieche, al quale si sovrappone lo spettacolare loggiato superiore a tre ordini. La torre campanaria, detta “delle cento buche”, venne ultimata nel 1330.

A partire dal Cinquecento cominciarono i rimaneggiamenti della chiesa, sotto la direzione di Giorgio Vasari. Ai secoli XVII e XVIII risalgono i rifacimenti barocchi, a cui seguì il ripristino stilistico della seconda metà dell’Ottocento, per molti versi discutibile. I casi più emblematici di questi interventi arbitrari furono quelli alla cripta e all’abside duecentesca, senza dimenticare lo smantellamento della cappella gotica esterna che dava sulla piazza, quasi di fronte alla fontana del 1603, voluta dalla Fraternita dei Laici a compimento del nuovo acquedotto.

Torri e merli pensando al medioevo

Il lato sud è contrassegnato dal quattrocentesco Palazzo Cofani-Brizzolari e dalla possente torre attigua del XIII secolo, detta Faggiolana, che deve il suo nome al condottiero ghibellino Uguccione della Faggiola. Egli fu podestà di Arezzo dal 1292 al 1295 e, secondo la tradizione, la abitò. Durante il Ventennio venne restaurata e merlata nell’ambito del revival stilistico che nel 1932 aggiunse il pozzo.

Sul lato est il neomedievalismo portato avanti sotto l’egida di Giuseppe Castellucci e Umberto Tavanti è ancor più evidente nei vari edifici. Basti guardare il trecentesco Palazzo Lappoli e la vicina torre duecentesca, anch’essa rialzata e merlata.

Prima di salire per piaggia San Martino, vale la pena fare l’ultima sosta di fronte alla casa resa famosa dalla scena della chiave che cade dall’alto nel film Oscar “La vita è bella” di Roberto Benigni.

Una piazza da vivere

Negli ultimi anni le istituzioni cittadine e le associazioni di categoria hanno fatto molti sforzi per valorizzare Piazza Grande, meta imprescindibile dei turisti ma poco frequentata dagli aretini, se non per le due edizioni della Giostra del Saracino e per quelle mensili della Fiera Antiquaria.

Da ricordare il rinnovamento del mattonato del 2009, il restauro delle arcate delle logge e il rifacimento della terrazza in travertino della Fraternita dei Laici del 2019 e il recupero della fontana del 2020, senza scordare i lavori che hanno musealizzato il Palazzo della Fraternita e dato vita alla Casa della Musica.

Manifestazioni di grande richiamo come “Arezzo Città del Natale” hanno riportato il grande pubblico in piazza durante il periodo natalizio, mentre la scelta di mettere i tavoli sul mattonato da parte dei locali, dopo la fine dell’emergenza sanitaria da Covid-19, ha dimostrato le grandi potenzialità della piazza nei mesi estivi.