Laureata in Lettere, insegnante di sostegno, Ilaria Gradassi crea storie per bambini e le racconta con un talento che ha ereditato dal padre. Inoltre con il marchio CHIÙ, realizza libri fatti a mano. “Ricerca, immaginazione e manualità i miei segreti”

Le parole sono importanti. Possono essere carezze o macigni duri da digerire, ti possono far viaggiare o atterrare pesantemente nel presente. In questo vortice si è sviluppata la vita di Ilaria Gradassi che delle parole, e non solo, ha fatto il proprio lavoro. Oggi, con il marchio CHIÙ – sognisegnidisegni.blogspot.com – realizza libri fatti a mano, dopo anni di laboratori per bambini, oltre a essere un insegnante di sostegno al Francesco Severi. Ma questa è solo una parte del tutto.
«L’amore per la lettura e la letteratura è nato presto grazie a mio padre Enzo, grande narratore di storie. Ricordo i pomeriggi passati in libreria dal Pellegrini o al Milione, gli illustrati delle collane Tantibambini e Dalla parte delle bambine, i libri di Rodari e Munari». Sono gli anni della condivisione, di amici, cene, politica, di pomeriggi passati tra librerie e sezioni di partito, un vissuto che Ilaria porta ancora con sé, soprattutto adesso che ha scoperto nell’infanzia l’età dell’oro.
La laurea in Lettere non era prodromica all’insegnamento, almeno non nei suoi piani: «Ho sempre dichiarato che mai avrei fatto l’insegnante, ma il professore Roberto Bigazzi mi consigliò di dare alcuni esami che mi avrebbero potuto aprire quella porta».
Insegnare, però, è arrivato dopo, prima ci sono stati i laboratori di ARCI ragazzi, con Donatella Bidini a farle da scuola: «Laboratori su misura, dalla didattica a temi interculturali, dall’alimentazione all’ambiente, alle pari opportunità. Nel frattempo ho ricominciato a fare qualcosa che sbrigavo da piccola, quando disegnavo, scrivevo e collezionavo ritagli di giornale con cui realizzavo libri fatti a mano: spazio di ricerca, immaginazione e manualità».
Ilaria aveva pure iniziato a confezionare delle strisce divertenti che raccontavano avventure e disavventure con il suo compagno: «Quando Andrea Bucciantini e Matilde Puleo, di Mega+Mega, hanno visto i miei ‘libriccini’ in copia unica mi hanno spinta a coltivare i miei sogni ed è nato CHIÙ: ho iniziato a vincere concorsi con i libri fatti a mano e con le illustrazioni che realizzo su carta e ritocco digitalmente. Il prodotto finito non è solo quello che racconta ma pure ciò che è e il tempo che è servito per realizzarlo, la storia della storia. Ecco perché ho portato questo tipo di attività nella cornice del laboratorio, che ora per me parte sempre dalla lettura di albi illustrati che forniscono ispirazione per nuovi piccoli libri in copia unica realizzati dai bambini. Questo metodo mi ha portata a divorare letteratura per ragazzi e a capire che l’infanzia è l’età che m’interessa maggiormente», perché si torna sempre lì dove si è stati felici, tra le storie di un padre che costruiva la libreria con le cassette grandi della frutta.
La scuola, i libri fatti a mano, i laboratori a La Casa sull’Albero, poi è arrivata la pandemia che ha riscritto le nostre priorità e Ilaria ha ritrovato la scrittura: «Per due anni ho partecipato a un laboratorio permanente con Nadia Terranova, scrittrice e amica. Ho sempre avuto un debole per lei e avevo delle storie chiuse nel cassetto, diciamo che – anche se lei non vorrebbe – mi sono sentita autorizzata da Nadia a tirarle fuori e oggi ho alcuni progetti e un contratto di opzione con un editore importante per un graphic novel».
Intanto, un suo racconto per l’infanzia è uscito in inglese, in India, all’interno di un’antologia coordinata da Matteo Trevisani dal titolo Bridge of stories.
Come quasi tutte quelle della sua generazione Ilaria è alla ricerca dell’equilibro, tra scuola, libri fatti a mano, laboratori e scrittura, dove quest’ultima rischia sempre di trovare poco spazio, se non per niente. Un equilibrio, come quello emotivo per chi ha perso la mamma da adolescente e il padre da qualche anno, un punto di riferimento affettivo, ma anche culturale e politico. Padre che gli ha insegnato come si va a caccia di storie, ascoltando e raccogliendo, raccogliendo e ascoltando.
Tutto questo in una città di provincia: «Non ho un legame fortissimo con Arezzo ma adoro passeggiare per il centro storico alla ricerca dei miei luoghi. C’è stata Bologna, poi Milano, ma alla fine quando ho frequentato Lettere ad Arezzo avevo tutto e la provincia è il luogo dove si trovano più storie che altrove».
Ilaria quando parla scandisce bene le parole in un flusso di coscienza che coinvolge l’ascoltatore e la cosa che colpisce di più è che nel raccontarsi non si dimentica di nessuno, chi ha fatto e fa parte della sua vita, chi le ha dato una mano, chi un consiglio. Ognuno di loro ha lasciato un’impronta nei sui immensi occhi azzurri e lei la restituisce più ricca e colorata, come nei suoi libri fatti a mano.