La preparazione e la devozione per il lavoro di maestro vetraio le hanno consentito di realizzare la Lancia d’Oro della Giostra del Saracino dedicata a Pietro Benvenuti, vinta a giugno da Porta del Foro. Critica e storica dell’arte, esperta di crisografia, Olimpia Bruni unisce gentilezza e tenacia ed è riuscita ad affermarsi in una professione svolta prevalentemente da uomini

Ascoltare Olimpia Bruni mentre ripercorre la sua vita trasmette la stessa sensazione di quando, avvertendo il bisogno di cullare i propri pensieri, si porge l’orecchio verso il mare. Solare, teatrale, istrionica, Olimpia sa raccontare la propria storia con una semplicità e una delicatezza disarmanti, instaurando con l’interlocutore, sin da subito, un rapporto di amicizia ed empatia.

“Sono una delle poche donne, a dire il vero credo l’unica, a vantare il titolo di maestro vetraio in Italia. Mi presento con orgoglio perché, nonostante sia donna, piccola di statura e lavori completamente da sola, ho imparato a portare avanti un mestiere svolto principalmente da uomini, e che purtroppo sta scomparendo, per via delle sue peculiarità. Maestro vetraio vuol dire, soprattutto per quanto riguarda l’aspetto del restauro, essere disposti a fare un lavoro faticoso: ci si può tagliare, bruciare, bisogna essere in grado di movimentare carichi dal peso importante”.

Si tratta di un’attività che richiede conoscenza e studio, tanto studio. Dopo aver conseguito la laurea in conservazione dei beni culturali, Olimpia Bruni non ha mai smesso di documentarsi, portando avanti ricerche importanti sui tesori artistici del nostro passato ed è oggi una grande esperta di crisografia in Italia, nonché della tecnica medioevale di pittura sul vetro. “A giugno ho disegnato la lancia d’oro della Giostra del Saracino, dedicata a Pietro Benvenuti, poi vinta da Porta del Foro. Ho utilizzato vetro e gemme, provocando inizialmente un certo scetticismo per via dell’apparente fragilità di questi materiali, che non sembravano prestarsi ad un lavoro così particolare. In realtà, utilizzandolo nel modo corretto, il vetro può risultare resistente come il legno, basti pensare alle meravigliose vetrate realizzate decine e decine di secoli fa, che ancora oggi abbiamo la possibilità di ammirare. Il lavoro sulla lancia è durato tre mesi: ho studiato a fondo la tecnica di Pietro Benvenuti e ho dipinto ogni elemento dell’elsa col fuoco, per far sì che il colore non sbiadisca nel tempo.
Ogni singolo pezzo è stato infornato diverse volte ed è stato montato insieme agli altri con il piombo. L’emozione di vedere un quartiere intero in festa attorno ad una mia opera, baciata come se fosse una reliquia, è stata indescrivibile.”

Critica e storica dell’arte, studiosa, Olimpia Bruni si è dedicata ad un’importante ricerca sulle fedi chianine, accendendo i riflettori su affascinanti gioielli d’epoca del territorio, che ha raccolto e catalogato nella pubblicazione “Fedi chianine, un dono come tradizione”. Da sempre si prende cura del restauro di vetrate e rosoni antichi, sia in provincia di Arezzo che sul territorio nazionale, come ha fatto con la sua amata mamma e come fa con i suoi allievi dell’università dell’età libera, da cui ha appreso pazienza e perseveranza. Ma la sua abilità artigiana, unitamente alle spiccate doti nell’arte figurativa, la portano a lavorare a progetti sempre più affascinanti.

“Il segreto per riuscire è non sentirsi mai arrivati, ma sempre in evoluzione. Sono profondamente convinta che non si debba mai smettere di mettersi alla prova, e personalmente cerco di trarre, da ogni esperienza, insegnamenti e consapevolezza per quella successiva. Mi è successo con un lavoro prestigioso che ho portato avanti tra il 2017 e il 2018, restaurando le vetrate cinquecentesche della Biblioteca Laurenziana di Firenze: i vetri su cui dovevo intervenire erano delicatissimi, con uno spessore inferiore a due millimetri. Il lavoro che mi ha portata ad ottenere l’ottimo risultato, praticamente identico alle parti originali, è stato propedeutico a quello realizzato sull’elsa della lancia d’oro”. Alla domanda sugli obiettivi futuri risponde senza alcuna esitazione: “Valorizzare Arezzo come terra di Marcillat e dei vetrai. E realizzare un’altra lancia d’oro, illuminata”.

Si tratta di progetti ambiziosi, ma l’entusiasmo di Olimpia sembra provenire da una fonte inesauribile, e abbiamo tutte le ragioni di credere che riuscirà, con il suo bagaglio di competenze e il tocco di magia e tenacia che la contraddistingue, a realizzarli.