Si definisce un aretino fiero. E’ nato e cresciuto a San Lorentino, è un quartierista appassionato e il foulard giallocremisi l’ha esibito in mondovisione prima delle Olimpiadi di Rio, dove ha sfiorato il podio. Judoka di talento, la sua città la ama visceralmente anche adesso che vive e si allena a Roma.”Il mio obiettivo sono i Giochi di Tokyo. Poi rientro ad Arezzo e apro una palestra tutta mia”

Un ippon ai luoghi comuni. Matteo Marconcini è un judoka di talento e, parole sue, ‘’un aretino fiero’’. L’estate scorsa ha tenuto milioni di italiani incollati al video, in attesa del colpo decisivo e vincente sul tatami. Tra questi c’erano anche molti concittadini, affascinati dall’atmosfera magica delle Olimpiadi e da quel ragazzo che, partito dalla palestra dietro l’angolo a San Lorentino, era arrivato fino a Rio de Janeiro.

Ventotto anni da compiere ad agosto, fisico scultoreo e idee chiare sul futuro, Marconcini il podio a cinque cerchi l’ha soltanto sfiorato. Ma è un dettaglio che conta relativamente: ‘’Ho comunque realizzato un sogno – ha detto seduto a un tavolino del Caffè dei Costanti. L’altro è aprire una palestra di fitness ad Arezzo, tipo quelle che ho visto in Giappone, modernissime e accoglienti. E’ il mio progetto per domani’’.

Tre interventi chirurgici alla spalla non hanno frenato la carriera di questo ragazzo dai modi pacati né prosciugato il suo spirito di sacrificio. Perché al di là della retorica sullo sport duro per uomini duri, nel judo bisogna avere costanza, senso del dovere e disciplina. ‘’Le rinunce più pesanti le ho fatte durante l’adolescenza. Alle cene con gli amici non c’ero o dovevo andare via prestissimo. Mi è mancata qualche risata in compagnia, ma ho sempre saputo che quella dello sport era la mia strada’’.

Una strada che, come da proverbio, ha portato Matteo fino a Roma. Centro Sportivo dei Carabinieri, allenamenti tosti e l’ambizione di lasciare il segno. Quattro titoli italiani, tre ori internazionali e svariate medaglie hanno arricchito il palmarès senza allentare il legame con le origini: ‘’Arezzo è bella. Da fuori poi lo è ancora di più. Io sono sempre con la valigia in mano e quando torno me la giro con piacere, apprezzo anche le piccole cose. Altro che monotonia. Sai cosa mi fa effetto? Passare davanti alla mia scuola di via Monte Bianco oppure camminare in via Petrarca dove ci vestivamo in maschera per il Carnevale’’.

Arezzo è un concentrato di sentimenti e qualcosa di più. ‘’E’ una città di provincia ma non è provinciale. E’ tranquilla, offre comodità che chi vive fuori come me apprezza moltissimo. Ho milioni di ricordi che riaffiorano ciclicamente, specie se penso alla Giostra. Sono nato a cento metri da San Lorentino, la mia palestra dell’Ok Judo era davanti alla sede del quartiere. Ci sono finito dentro quasi senza accorgermene e il Saracino mi ha preso subito. Ho servito ai tavoli durante le cene propiziatorie, la prima volta che ho sfilato in costume abbiamo vinto la lancia d’oro. Era il 2005. A Porta del Foro ci vado ogni volta che posso, siamo una famiglia e l’atmosfera mi piace un sacco’’.

Negli occhi di tutti resterà quel foulard giallocremisi esibito con orgoglio in mondovisione, mentre gli atleti di ogni disciplina sfilavano a Rio, prima dell’inizio dei Giochi. ‘’Una promessa che avevo fatto a me stesso’’ racconta Matteo. Un bellissimo gesto d’amore per la propria terra, hanno pensato quelli che guardavano di qua dalla televisione.

Intanto i giorni passano e la vita va avanti. A fine agosto ci sono i Mondiali a Budapest, poi arriveranno di nuovo le Olimpiadi. ‘’Tokyo 2020 è un mio obiettivo, voglio preparare bene quell’appuntamento. In Brasile mi sono emozionato, ho sentito la vicinanza di tante persone, ho ripensato alla mia prima società di Arezzo e sono stato contento di aver avvicinato il grande pubblico al judo. In Giappone spero di fare ancora meglio’’.

E poi? ‘’E poi torno. E apro la mia palestra’’.