Simboli e interpretazioni di un capolavoro d’arte longobarda in Valdarno, che racconta il percorso dell’uomo dalla dimensione terrena a quella spirituale

La pieve di San Pietro a Gropina, nelle pendici occidentali del Pratomagno, è riconosciuta come uno degli esempi più alti di arte romanica in Toscana, ma al suo interno batte un cuore longobardo. Addossato alla quarta colonna della navata destra, infatti, si può ancora ammirare il famoso pulpito del IX secolo, che per fortuna non fu smantellato durante i lavori che portarono tra il XII e la prima metà del XIII secolo alla costruzione di una più ampia chiesa.
L’opera di pietra scolpita, anche se realizzata alcuni decenni dopo la fine del regno longobardo, avvenuta nel 774 a opera dei franchi di Carlo Magno, risente ancora nello stile e nei messaggi di quella cultura. Ciò che ha sempre colpito gli osservatori è la complessità di elementi e simboli che lo compongono, a partire dalle “colonne ofitiche” che sorreggono il pulpito, ovvero una coppia di colonne legate con un nodo a ricordare forse la Trinità.
Nel grande capitello si osservano invece delle piccole figure umane a braccia alzate, che rappresentano i dodici apostoli mentre ricevono lo Spirito Santo sotto forma di lingue di fuoco, raffigurate con triangoli rovesciati. Le teste sproporzionate e gli occhi spalancati dei discepoli simboleggiano sia l’importanza che nella cultura longobarda veniva data alla mente, sia la consapevolezza dell’uomo di fede, che non si fa abbagliare dalle false credenze.
Sopra questa rappresentazione della Pentecoste inizia il pulpito vero e proprio, che ha nella parte inferiore una fascia con foglie di quercia stilizzate, emblema di fortezza e perseveranza.
Al di sopra si trovano cinque specchiature a bassorilievo che avvolgono la piattaforma , che serviva per la predica, e i simboli degli evangelisti disposti verticalmente, che culminano con il leggio. A salire incontriamo il leone di San Marco, l’uomo-angelo di San Matteo e l’aquila di San Giovanni. Incisi sulla tavola retta dalla figura umana si trovano l’anno del pulpito, ovvero l’825, e chi lo commissionò, cioè il prete Bernardo.
Mancherebbe il bue di San Luca, che può essere individuato più piccolo al posto di una delle fiammelle descritte in precedenza. Nel 2004 il pievano Valente Moretti spiegava la diversa collocazione col fatto che Luca fu l’unico a raccontare la discesa dello Spirito Santo.
Le cinque specchiature sono ancora oggi oggetto di varie interpretazioni da parte di teologi e storici. La prima a sinistra del leggio, dedicata alla tentazione, mostra una sirena “bicaudata”, sovrastata da una figura maschile affiancata da due serpenti con le fauci spalancate. Uomo e sirena si afferrano rispettivamente le caviglie e le estremità delle due code. Il serpente rappresenta le lusinghe del male per eccellenza fin dalla Genesi, ma l’essere umano deve anche resistere al potere seduttivo della sirena, che lo attira verso i piaceri della carne.
Andando in senso orario il pannello seguente raffigura un serafino, la natura angelica più vicina a Dio, con le tipiche tre paia di ali. In basso sono presenti due “agnelli di Dio”, simbolo cristologico del sacrificio per redimere il peccato, mentre in alto due grifoni potrebbero essere i guardiani dell’accesso al Paradiso, sempre secondo la lettura che ne dava Valenti.
A seguire si trova una specchiatura dove sono scolpiti motivi floreali e geometrici assieme alla “fonte della vita” a cui si abbeverano due animali stilizzati. È una rappresentazione molto antica che viene rielaborata dal primo cristianesimo.
Il pannello successivo è occupato da un grande fiore con otto petali al centro, interpretato come raffigurazione pagana del sole, che con la nuova religione diventa segno di Cristo come nuova luce del mondo.
L’ultima specchiatura mostra tre gruppi di sedici spirali, immagine ancestrale presente in varie civiltà e culture. In questo caso le spire sono a coppie affrontate e potrebbero descrivere dicotomie come buio e luce, vita e morte, bene e male.
In una fase di definitivo passaggio tra paganesimo e cristianesimo, il pulpito di Gropina racconta, attraverso un’affascinante ed enigmatica unione di simboli, il faticoso percorso dell’uomo dalla dimensione terrena a quella spirituale.