A pochi chilometri da Castiglion Fiorentino, in splendida posizione panoramica sulla Val di Chiana e la Val di Chio, il medioevo rivive tra le mura di uno dei castelli più belli d’Italia

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Fiero, maestoso, ben conservato. Chiunque percorra il tratto della Sr71 Umbro Casentinese da Castiglion Fiorentino a Cortona non può fare a meno di volgere lo sguardo verso il profilo turrito del Castello di Montecchio Vesponi senza rimanerne stregato.
Situato a breve distanza dalla zona dove nell’antichità correva il confine tra le lucumonie etrusche di Arezzo e Cortona, il fortilizio è citato in un documento del 1014 con il nome di Castrum Montis Guisponi, quando l’imperatore Enrico II confermò all’influente abbazia benedettina di Farneta un privilegio sul luogo. A quei tempi il castello, già esistente almeno dal X secolo, era sotto la giurisdizione dei potenti Marchiones o Marchesi del Monte Santa Maria.

Il curioso toponimo viene fatto derivare da “monticulus”, ovvero monticello, e con molte riserve dall’alterazione del cognome “Guasconi”, nobile famiglia aretina del medioevo.
Nel 1234 il complesso fortificato, più piccolo di quello attuale, fu acquistato dal Comune di Arezzo, che negli anni a seguire lo ingrandì e rafforzò. La sua posizione in cima a una collina, a controllo della Val di Chiana e della Val di Chio, prospiciente una via di comunicazione fondamentale fin dall’epoca etrusco-romana, ne faceva un avamposto strategico per tenere sotto controllo un’ampia fascia di territorio e centri importanti come Cortona e Castiglione.

Nel 1281 Montecchio si costituì in comune semi-libero, dipendente sempre da Arezzo, che ne ratificò gli statuti. A quel periodo risale anche l’ampliamento della cinta che segue con andamento quasi circolare il profilo del colle, con un perimetro di circa 263 metri e nove torricelle a intervallare il circuito murario, di cui ne sono sopravvissute solo otto. Nel 1289, dopo la sconfitta dei ghibellini aretini a Campaldino, la rocca entrò a far parte per un breve periodo dei possedimenti dei guelfi fiorentini.
Tornato in mano aretina ai primi del XIV secolo, per molti anni Montecchio Vesponi fu al centro di contese. I Tarlati da Pietramala, signori di Arezzo, mantennero il controllo del fortilizio e della vicina Castiglione, dall’inizio del Trecento ribattezzata Castiglion Aretino, fino al 1340, quindi subentrò Perugia fino al 1369 circa. Il castello tornò nuovamente nella sfera d’influenza aretina fino ai primi anni Ottanta di quel secolo, quando fu occupato dal famoso capitano di ventura inglese John Hawkwood, italianizzato con il nome di Giovanni Acuto. L’uomo d’arme fu riconosciuto quale legittimo possessore dai fiorentini nel 1384, anno della definitiva sottomissione di Arezzo e del suo territorio alla città gigliata.

“Nei primi anni Ottanta del Trecento il castello fu occupato dal noto capitano di ventura inglese John Hawkwood, meglio conosciuto come Giovanni Acuto, che ne rimase signore fino alla morte”

Dopo la scomparsa dell’Acuto, avvenuta nel 1394, la vedova Donnina Visconti cedette la fortificazione alla Repubblica Fiorentina, che nominò capitano della rocca il condottiero Ludovico Racaniello, il quale mantenne il controllo del feudo fino alla morte del 1441. In seguito il castello visse una lenta e lunga fase di declino, finché nel 1641 il granduca Ferdinando II de’ Medici permise a Tommaso Capponi di erigervi un marchesato di breve durata, che si concluse solo sei anni dopo con l’estinzione del ramo maschile della famiglia. Tornato comune autonomo, nel 1774 Montecchio Vesponi fu soppresso e accorpato alla vicina Castiglion Fiorentino.

Negli anni Settanta dell’Ottocento il banchiere senese Giacomo Servadio rilevò la sottostante fattoria granducale e il castello, iniziandone il restauro. A lui si deve la merlatura neo-guelfa della cinta, realizzata in un clima di marcato revival stilistico e neomedievalismo. Nel 1890 gli eredi Servadio cedettero entrambi gli immobili alle famiglie Budini e Gattai. Nel 1979 il fortilizio fu infine venduto agli attuali proprietari, la famiglia Floridi Viterbini, che ne avviò il graduale recupero. Grazie alla sua “rinascita” il luogo fu selezionato nel 1986 per far parte della serie dei francobolli “Castelli d’Italia” emessa da Poste Italiane e nel 1999 venne inserito nell’Albo d’Oro delle Dimore Storiche d’Italia.
La valorizzazione del territorio castiglionese degli ultimi decenni dal punto di vista turistico ha in Montecchio Vesponi un grande asso nella manica. Una visita al castello e al suo circondario, fatto di panorami mozzafiato e oliveti terrazzati che dalle mura castellane scendono a valle, è infatti un’esperienza che regala suggestioni in ogni stagione e a qualsiasi ora del giorno.

Oltre alla cinta muraria e alle torricelle che la scandiscono, all’interno sopravvivono ancora delle parti di notevole interesse, come il casseretto trecentesco e la Casa del Giusdicente o Palazzo del Tribunale del secolo precedente. Quest’ultimo edificio e la limitrofa torre duecentesca di circa 30 metri simboleggiavano la potenza del Comune di Arezzo al momento della loro costruzione. Delle varie abitazioni contadine che si trovavano in passato addossate alle mura sono rimaste invece solo poche tracce. Scomparsa del tutto è infine la pieve interna alle mura, dedicata a San Biagio, che nel 1766 fu ampliata per divenire un santuario mariano dedicato alla Madonna del Rosario.

Montecchio Vesponi oggi è un luogo più vivo che mai. Grazie alla disponibilità dei proprietari ha ospitato e continua a ospitare spettacoli, concerti, mostre, rievocazioni storiche, progetti didattici e scavi archeologici per comprenderne meglio le origini. Da alcuni anni, inoltre, l’associazione culturale InCastro organizza visite guidate per far scoprire le parti sopravvissute del complesso fortificato, aggiornare il pubblico sulle nuove scoperte e permettere a grandi e bambini di rivivere la magia unica del medioevo italiano.