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Incastonato nell’Alta Valle del Tevere, uno dei borghi più belli d’Italia svela i suoi tesori.

Un tuffo nella bellezza della Toscana orientale

Osservare Anghiari dalla via Nova, la strada panoramica a nord del paese, è una cura per l’anima che dovrebbero prescrivere anche i medici. Riconosciuto come uno dei “borghi più belli d’Italia”, ancor prima che l’omonima associazione lo certificasse, il centro della Valtiberina aretina permette di fare un tuffo nella storia e nell’arte che dal medioevo passa per il rinascimento e arriva ai nostri giorni, sempre nel segno della bellezza.
I vicoli e i balconi fioriti, le antiche pietre dei palazzi, gli scorci panoramici che si godono dalle possenti mura sono cartoline che rimangono prima di tutto negli occhi dei visitatori di questa parte della Toscana.

Dai camaldolesi ai fiorentini, passando per la signoria dei Tarlati
Insediamento di origine romana e quindi fortilizio strategico nelle lotte tra longobardi e bizantini nel VII secolo, Anghiari appare nei documenti per la prima volta nell’XI secolo, quando era un castello in mano ai signori di Galbino. Agli inizi del secolo successivo venne donato ai monaci camaldolesi, che realizzarono un’abbazia intorno alla quale si sviluppò un vero e proprio borgo. Nella seconda metà del XII secolo Anghiari entrò nell’orbita di Arezzo, che nel 1175 smantellò il vecchio castello e quindi contribuì alla nuova cerchia muraria realizzata tra il 1181 e il 1234. Con la signoria dei Tarlati gli aretini ampliarono l’area del Mercatale, l’attuale piazza Baldaccio, potenziarono le difese e realizzarono il celebre stradone dritto che unisce il paese a Sansepolcro, in passato ruga San Martino e oggi, per il tratto che attraversa il paese, corso Matteotti. Dopo una breve parentesi perugina e la definitiva sottomissione di Arezzo ai fiorentini del 1384, anche Anghiari finì sotto il controllo della nuova dominante, che andò avanti ininterrottamente fino all’Unità d’Italia.

La battaglia di Anghiari, uno dei grandi misteri della storia dell’arte.
L’episodio più famoso dopo l’assoggettamento a Firenze è senza dubbio la battaglia che si svolse il 29 giugno 1440 nella piana a est del paese, combattuta tra la Repubblica Fiorentina e i Visconti di Milano. La prima ebbe la meglio e sul luogo del trionfo venne eretto un tabernacolo, detto di Santa Maria della Vittoria. Nel 1503 Firenze commissionò a Leonardo da Vinci un dipinto per il Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio a ricordo di quella giornata campale, ma il genio rinascimentale sperimentò delle tecniche che non dettero i risultati sperati e lo convinsero a desistere dall’impresa. Per qualche storico egli non andò nemmeno oltre la fase preparatoria.
La “Battaglia di Anghiari” rappresenta ancora oggi uno dei più grandi e irrisolti misteri della storia dell’arte. Nonostante l’utilizzo di sistemi sofisticati che hanno puntualmente dato esito negativo, ancora c’è chi dice che l’opera sia nascosta sotto agli affreschi realizzati nella stessa parete da Giorgio Vasari nel 1557. Di sicuro rimangono studi e disegni preliminari, oltre ad alcune copie realizzate da altri artisti quando ancora la battaglia era visibile o circolavano alcuni cartoni leonardeschi che la riguardavano.

Il centro storico, uno scrigno di ineguagliabile bellezza
Perdersi e ritrovarsi nei vicoli di Anghiari è un’esperienza indimenticabile. Nel medioevo vi si accedeva da Porta Sant’Angelo a sud est e Porta San Martino a nord ovest. Vicino a quest’ultima è ancora presente la campanella che segnalava l’inizio e la fine del mercato del mercoledì, documentato fin dal 1388. A breve distanza si trova anche Porta Nuova o Porta Fiorentina, edificata nel 1460.
Le mura anghiaresi, più volte modificate nei secoli, sono percorribili attraverso la via di Ronda e offrono delle suggestive vedute sulla Valtiberina. Illuminate di notte, poi, trasformano Anghiari in un paese fiabesco. Quelle attuali furono sistemate dai fiorentini a metà Cinquecento per adeguarle alle nuove esigenze militari. Elemento interessante del periodo è il bastione del Vicario a sud.
Tra gli edifici caratteristici, spiccano nella parte alta il medievale Palazzo Testi e il Campano, ovvero una possente torre duecentesca che nel 1502 fu rovinata ma nel secolo successivo venne sistemata e munita di orologio. È raggiungibile salendo lungo via della Torre, una delle strade più pittoresche dell’intera Toscana.

A breve distanza dal Campano, proseguendo a est, si incontra il Monastero di San Martino, detto “conventone”, che in origine era la rocca del castello e dal 1547 divenne sede di un monastero femminile benedettino. A seguire, in piazza del Popolo, si trova il trecentesco Palazzo Pretorio che poggia su edifici di età romana e fu sede del vicariato, del tribunale e delle carceri. Oggi ospita il municipio ed è connotato dagli stemmi dei vicari e podestà fiorentini nella facciata e da affreschi quattrocenteschi al suo interno, come quello della “Giustizia” al piano terreno, attribuito ad Antonio da Anghiari, primo maestro di Piero della Francesca.
Nella parte bassa del paese piazza Baldaccio Bruni o del Mercatale propone una fusione di stili ed epoche. Le rinascimentali Colonne di Borgo guardano la statua post risorgimentale di Giuseppe Garibaldi, una delle più curiose d’Italia. Dalla piazza si attraversa corso Matteotti per accede alla Galleria Girolamo Magi, costruita nel 1889 per ospitare il mercato coperto delle granaglie, dalla quale si raggiunge il complesso neoclassico di Palazzo Corsi realizzato tra il 1777 e il 1794, che comprende la Biblioteca e l’Archivio Storico, la Cappella dei Caduti e lo scenografico Teatro Comunale dei Ricomposti, gestito dall’associazione Teatro Stabile di Anghiari.

La storia e l’arte locale raccontata attraverso i musei
Il borgo valtiberino è anche sede di prestigiosi musei. I due principali si trovano in piazza Mameli, l’antico quartiere del “Borghetto”. Il cinquecentesco Palazzo del Marzocco ospita il Museo della Battaglia e di Anghiari, che racconta sia le vicende storiche che portarono al conflitto tra fiorentini e milanesi nel 1440, sia l’influenza che lo scontro ebbe nell’arte. Nel museo si ripercorre anche la storia di Anghiari, quindi sono conservati i manufatti preistorici ritrovati nel territorio, i reperti di età romana, le collezioni di armi da fuoco degli armaioli anghiaresi del Settecento, le ceramiche tipiche e il famoso “Catorcio”, un chiavistello rubato il 29 giugno 1450 dai biturgensi da una delle porte della città, sberleffo rimasto negli annali.
Di fronte al Palazzo del Marzocco si trova il Museo Nazionale delle arti e tradizioni popolari dell’Alta Valle del Tevere, ospitato nel complesso rinascimentale di Palazzo Taglieschi, figlio dell’accorpamento di vari edifici medievali. Qui sono confluite collezioni pubbliche e private che comprendono affreschi staccati, tele, statue lignee e terrecotte invetriate dal XIV al XVIII secolo, ammirabili in un percorso sviluppato su quattro livelli. Tra i nomi di spicco presenti, ricordiamo Andrea della Robbia e Jacopo della Quercia.
Un piccolo museo è stato realizzato anche dalla locale Confraternita della Misericordia, con una raccolta di documenti, lettighe, portantine e carri funebri. Più di recente è invece sorto il singolare Museo della Beccaccia.

Le chiese del borgo, custodi di tesori d’arte sacra
Anghiari vanta un patrimonio religioso di grande rilevanza. La chiesa di Santa Maria delle Grazie, detta anche la Propositura, domina dall’alto il paese e fu conclusa nella prima metà del Settecento. Al suo interno sono state sistemate alcune opere dei secoli precedenti, come la “Deposizione della Croce” di Domenico Puligo e le monumentali “Ultima cena” e “Lavanda dei piedi” di Giovanni Antonio Sogliani, tutte del XVI secolo.
Nell’altare maggiore si ammira la “Madonna della Misericordia” della bottega dei Della Robbia di fine Quattrocento, trasferita dalla facciata del Palazzo di Fraternita di piazza Mameli, dove è stata collocata una copia.
La chiesa della Badia di San Bartolomeo è citata per la prima volta nel 1105 come parte del monastero camaldolese. Fu ricostruita nel XIV secolo, ingrandita a metà Quattrocento e stravolta nella seconda metà del Settecento. Custodisce la “Madonna con il bambino” lignea attribuita a Tino di Camaino risalente ai primi decenni del Trecento e un crocifisso ligneo di fine Duecento.
In via Garibaldi sorgono la chiesa di Sant’Agostino e l’attiguo convento, sui resti di un oratorio della fine del XII secolo dedicato a Sant’Antonio Abate. Nel 1464 la chiesa venne ampliata con la caratteristica abside a torrione.
Il percorso dedicato al sacro termina con il quattrocentesco battistero di San Giovanni di via Taglieschi, la chiesa del XVII secolo di Santa Maria Maddalena su corso Matteotti e la francescana chiesa della Croce in piazzetta della Croce, costruita assieme al vicino convento a partire dal 1499, che ospita la tomba del cronista del XVII secolo Lorenzo Taglieschi.

Castelli, pievi, santuari, borghi e natura incontaminata. I dintorni di Anghiari
Il territorio comunale anghiarese accoglie alcuni dei castelli più suggestivi della Valtiberina, quasi tutti da collegare ai conti Barbolani: il castello di Galbino sorto nell’XI secolo sulla riva destra del torrente Sovara e il Castello di Montauto del XII secolo in località La Scheggia, che ospitò anche San Francesco, sono i più noti. Meno conosciuti ma altrettanto affascinanti sono il castello di Pianettole e il rovinato castello di Valialle.
Una storia a parte la merita il castello di Sorci, forse sorto su un fortilizio longobardo, le cui vicende si intrecciano con quelle del famoso condottiero Baldaccio d’Anghiari, ucciso nel 1441 a Firenze durante una congiura. Il fantasma del capitano di ventura, secondo la leggenda, si muove ancora irrequieto nelle stanze del maniero.
La Villa Barbolana a Tavernelle è cinquecentesca e rappresenta uno splendido esempio di dimora fortificata.
Sul fronte religioso, i dintorni di Anghiari custodiscono tre antiche pievi: Santa Maria alla Sovara a nord, Santa Maria a Micciano a est e Santa Maria a Corsano a sud, una più suggestiva dell’altra. Altri noti edifici sacri sono il santuario della Madonna del Carmine al Combarbio e il Cenacolo francescano di Montauto, entrambi cinquecenteschi, e la chiesa di Santo Stefano, gioiello del VII/VIII secolo in stile bizantino-ravennate.
Per gli amanti delle escursioni Anghiari propone le passeggiate nel borgo di Toppole, nel versante est dell’Alpe di Poti, oppure a Ponte alla Piera e Bagnolo, che si raggiungono attraverso l’affascinante riserva naturale dei Monti Rognosi.

Culla di artisti e sede di eventi unici nel panorama nazionale
Una terra così ricca di bellezze è l’habitat ideale per gli artisti, che ad Anghiari trovano infinite fonti d’ispirazione. Qui sono nati autori contemporanei di fama internazionale come il pittore Vincenzo Calli e lo scultore Gianfranco Giorni. Altri ancora, come la nota ceramista Magda Garulli e Giancarlo Montuschi, uno dei principali artisti pop italiani, fin dagli anni Settanta hanno scelto la campagna anghiarese come patria d’adozione. Accanto alla pieve di Sovara si trova l’atelier di Elena Merendelli, scultrice, ceramista e pittrice tra le più sensibili della Valtiberina.
Tutto l’anno Anghiari accoglie manifestazioni culturali, artistiche, folkloristiche e sportive di grande richiamo. La “Mostra Mercato dell’Artigianato”, il “Concorso internazionale di Merletto a Tombolo”, la pedalata cicloturistica d’epoca “Intrepida”, l’originale teatro-cena di “Tovaglia a Quadri” e infine il “Palio della Vittoria”, storica corsa a piedi in salita che si svolge il 29 giugno in ricordo della Battaglia di Anghiari, sono solo i momenti clou di un calendario che tiene i riflettori sulla bella Anghiari sempre accesi.