Dai sogni di bambino all’exploit. La storia di Andrea Rossi, pilota di moto per hobby, innamorato della fotografia e incuriosito dalla meccanica. Oggi è diventato sviluppatore, istruttore, organizzatore di eventi e uomo immagine per Ducati

Cos’è che fa davvero la differenza? Tra farcela e fallire, a volte, corre un filo così sottile che è la sorte a intestarsi il merito dell’esito. Compito vero di chi tenta è quello di ridurre il solco dell’incertezza. Con una formula antica e sempre valida: fare con consapevolezza. Metterci cura, passione, concentrazione. La casistica dei desideri che si realizzano è quasi integralmente così coltivata.

E questa è la storia di chi, a poco più di trent’anni, tiene in pugno il sogno di bambino: “Far parte della Ducati”. Andrea Rossi fa questo. Lavora in fabbrica? E’ un dirigente? Un pilota della scuderia? Non proprio.

Andrea ha un concentrato di talenti che sa sfruttare (e chissà, magari ancora non a pieni giri): la bella presenza da uomo immagine, il talento in sella che gli permette di gareggiare e fare l’istruttore, le abilità meccaniche che ne fanno un ottimo sviluppatore di moto. Ma sa pure organizzare eventi. E poi c’è l’amore, sconfinato, per i viaggi, lo sport e la fotografia. Qualcosa di inscindibile dal resto della vita per chi ha fatto delle proprie passioni un lavoro. E non viceversa. Ne ha macinati di chilometri il ragazzino che si avventurava sulle strade di Arezzo in sella al Ciao Piaggio della mamma mentre cullava il desiderio di entrare in qualche modo in Ducati. Il liceo scientifico Redi, poi l’università. “Ingegneria meccanica, a Bologna”. Eppure quell’indirizzo c’è anche a Firenze. “Ma la Ducati è vicino a Bologna, non a Firenze”, sorride oggi. Nel frattempo corre in moto. Le due ruote sono nel suo sangue. I genitori lo incoraggiano. E’ bravo. Dal 2004 al 2009 si dedica all’Enduro e colleziona trofei. Poi la grande avventura del Motorally. “In questo campo devi andare forte e navigare con l’ausilio delle mappe. È molto più avventuroso”. Ma qualcosa si inceppa. “Coniugare gare e lavoro era difficile”, spiega. E decide di lasciare Bologna. Non l’università. “Mi sono iscritto a ingegneria dell’automazione ad Arezzo. Ho dato oltre metà degli esami ma poi ho smesso. Alcune lezioni mi appassionavano, altre le reputavo inutili. Ho rinunciato al titolo di studio, ma ho appreso molto. Le nozioni che mi servivano le ho tenute”.

Segue una fase un po’ critica, di smarrimento e di ricerca di identità. Il germoglio più bello attecchisce in questo caos. Nel 2011 c’è una selezione per una gara internazionale di Motorally: il Gs Trophy. Va formato il team dell’Italia: 3 posti in tutto. Mille partecipanti, 40 i primi scelti. Andrea Rossi c’è. Segue un’ulteriore selezione, durissima: guida in moto, orienteering a piedi (di notte, nel bosco, con bussola e lanterne), prove fisiche, psicologiche e abilità meccaniche. Alla fine la scelta cade su Carlo Morini di Imola, Alessandro Bottani di Genova. E Andrea Rossi di Arezzo. E’ il pass per un’avventura che dà una svolta ai sogni di Andrea: il ragazzo aretino vola verso la gara che si tiene in Sudamerica, tra Cile e Argentina. Si comporta bene, ma è nella tappa finale che compie il capolavoro: l’Italia da quarta scavalca i padroni di casa dell’Argentina e conquista il podio. E’ il miglior risultato di sempre per la selezione azzurra e Andrea è il grande protagonista.

“È stato il trampolino di lancio per entrare nel mondo del lavoro – dice. Mi ha dato notorietà e credenziali. Sono diventato istruttore di guida di moto fuoristrada. E alla fine è iniziata la collaborazione con Ducati”.

Sono proseguite le gare (“e le moto le ho assemblate da solo assieme agli amici Luca Dragoni e Tommaso Maestrini: bestioni da 180 chili, Maxi Enduro complicate da guidare”). Nel 2015 Andrea diventa campione italiano di Motorally e Raid TT di categoria. Poi ha dovuto rallentare, anche se lo scorso aprile non ha resistito al richiamo dell’antico amore ed è volato in Marocco per l’Afriquiya Merzouga Rally. “Ho frenato – racconta – perché per Ducati ho iniziato a fare lo sviluppatore di moto da Maxi Enduro”. Ma non solo: per Ducati testa i prototipi, fa da istruttore, organizza eventi ed è anche protagonista dei promo ufficiali.

In questi video interpreta se stesso: perché le grandi avventure ai confini del mondo che le clip lasciano immaginare, Andrea le ha vissute davvero. “Eh sì, ho sempre amato viaggiare su due ruote e farlo in paesi esotici, in condizioni estreme, ha rappresentato una

sfida enorme per me. Ho percorso – racconta – la Route 66 con una Harley Davidson, da Chicago a Los Angeles in 15 giorni. Nel mezzo ho attraversato una tempesta, trovando ospitalità in un caravan, ho accusato un serio colpo di calore nel deserto di Las Vegas. Altre due settimane le ho trascorse in Laos con moto da fuoristrada e 4 amici. Ho potuto scattare foto che raccontano meglio di mille parole le emozioni di un percorso straordinario. Sempre con i miei amici ho fatto la follia di affittare 6 moto indiane scassate e partire da Nuova Delhi per arrivare a quota 6mila metri. Ho fatto un tour in jeep – assieme a una ragazza – in Angola e Namibia, deviando dal percorso per soccorrere uno sconosciuto e portarlo in ospedale. Sono tutte istantanee che porto dentro, ma altre sono impresse nelle mie memory card.Fotografare è la cosa che più di ogni altra riesce a rilassarmi. Mi concentro, vedo il mondo con occhi nuovi, di bambino”.

E altri hobby rilassanti? “Beh, faccio anche pesca in apnea, rafting…”, sorride. “E poi ho comprato un furgone camperizzato, c’è una cucina, un bagno e un portamoto. Il modo migliore per partire con la mia fidanzata e godersi la libertà: questa estate abbiamo girato un mese tra Turchia (fino alla Cappadocia), Grecia e Balcani. Gli eventi internazionali a cui partecipavo – sempre in giro tra Europa, Cina, America – mi avevano tolto il gusto di viaggiare. Ora che ho rallentato con le gare, lo sto riscoprendo”.